L’estate può essere un buon momento per scoprire la magia dell’arte, visitando musei, pinacoteche oppure chiese e palazzi storici. Se non si è dei grandi appassionati o ci si sente dei pesci fuor d’acqua tra dipinti, affreschi e sculture, ci viene in aiuto Costantino D’Orazio con il suo recente “Detective dell’arte” (Piemme, 2024, Euro 17,90, pp. 144). Si tratta di un manuale giocoso e divertente per giovani e appassionati investigatori dell'arte in cui trovare gli indizi per riconoscere a colpo sicuro trenta personaggi, per saper leggere i gesti dei protagonisti dei dipinti e cogliere i dettagli, in un viaggio artistico appassionante come un giallo: perché ogni opera d'arte è un mistero da svelare e non solo qualcosa di meraviglioso da osservare.

Ancora oggi le opere d’arte hanno spesso una forte connotazione politica, ideologica e sociale e vengono realizzate per trasmettere un messaggio. Con un intento simile furono realizzati nei secoli passati i grandi cicli pittorici e scultorei. Ben pochi dei nostri antenati sapevano, infatti, leggere e per diffondere idee e messaggi in un pubblico analfabeta si ricorreva alle immagini, trasformandole in veri e propri libri fatti di colore e di pietra che raccontassero, per esempio, la storia sacra. Insomma, l’arte doveva stupire e affascinare, ma soprattutto educare.

Pensiamo semplicemente alle decorazioni pittoriche o scultoree delle tante chiese del nostro Paese. Tali decorazioni erano pensate per accompagnare il fedele in un percorso di crescita spirituale. Quindi la distribuzione dei soggetti all’interno e all’esterno dell’edificio doveva rispondere a regole ben precise. Il fedele poteva osservare principalmente scene della Bibbia o momenti della vita dei santi e delle sante che erano facilmente identificabili, sia perché ritornavano nelle parole dei predicatori e nelle omelie dei sacerdoti (anche se le messe si tenevano in latino, lingua ormai compresa da pochi), sia perché si trattava di episodi che facevano parte del patrimonio comune delle donne e degli uomini del passato, anche semplicemente perché erano narrate dai cantastorie ai bordi delle strade.

Oggi la maggior parte di noi ha perso questo background religioso e culturale e osserva i capolavori della pittura e della scultura non comprendendo appieno la portata del messaggio che essi veicolano. D’Orazio offre in maniera leggera e godibile una grammatica di base per imparare una nuova lingua: quella dell’arte. E ci offre la possibilità di svelare veri e propri misteri, come: “Perché Michelangelo scolpì il suo celeberrimo Mosè con le corna sulla testa?”. Domanda non banale perché Mosè era uomo di Dio e noi siamo soliti associare le corna al demonio. Ebbene, fu tutto il frutto di un errore. In una traduzione della Bibbia molto diffusa nel Cinquecento, nei versetti in cui si narrava la discesa di Mosè dal monte Sinai dopo aver ricevuto le tavole della legge, la parola ebraica karan, che significa “raggi”, venne confusa con il termine keren, “corna”. Quindi Mosè doveva essere raffigurato con raggi luminosi in testa dopo aver incontrato Dio, non cornuto.

La copertina
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