“Cosa resterà degli anni ’80?” cantava al Festival di Sanremo del 1989 Raf, uno degli idoli dei giovani di quegli anni. Diego Gabutti nel suo Ottanta (Neri Pozza, 2025, Euro 22,00, pp. 352. Anche Ebook) sembra volere, a qualche decennio di distanza, dare una risposta alla domanda.

Una risposta che si allontana dall’immaginario classico che accompagna da sempre gli anni Ottanta, considerati l’epoca dell’edonismo sfrenato, della Milano da bere, dell’Italia quinta potenza industriale del mondo. Insomma, lo stereotipo di un breve periodo felice nato quasi in contrapposizione alla tristezza del decennio precedente segnato dal terrorismo e dalla crisi petrolifera. Per Diego Gabutti le cose non sono così semplici e così scontate e spesso la nostalgia del ricordo semplifica troppo le cose. Gli anni Ottanta sono stati, infatti, maledettamente più complicati di quanto tendiamo a ricordare.

Fondamentalismo religioso, populismo, capitalismo d’assalto, uso distorto delle tecnologie: le origini del presente sono da ricercare negli anni Ottanta, quando tutto cominciò con due attentati. Uno al Papa, che si salvò e uscì vincitore dallo scontro con il “mostro” sovietico; l’altro a John Lennon, trafitto da quattro colpi di pistola alla schiena all’angolo della 72ª con Central Park West. Il mondo stava cominciando a cambiare e in maniera inaspettata. Pensiamoci: dopo quasi trent'anni di crescita che vanno dal secondo dopoguerra fino alla crisi petrolifera del 1973, tutto cambiò radicalmente.

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Fino a poco prima, si viveva in un’epoca di piena occupazione, con un’industria fiorente, un ascensore sociale in funzione, pensioni anticipate e una sanità accessibile a tutti. Erano gli anni del rock’n’roll, della rivoluzione sessuale, della televisione, di Woodstock, dell’impegno politico e della decolonizzazione. Ma con l’arrivo degli anni Ottanta, il risveglio fu di quelli da mal di testa. Nel 1980, l’Urss invase l’Afghanistan, che si rivelò un vero e proprio Vietnam per l'impero sovietico, destinato a lasciare solo rovine entro la fine della decade. La rivoluzione khomeinista in Iran segnò l'emergere dell'islamismo radicale.

Nel frattempo, l'Occidente faceva i primi conti con le politiche ultraliberiste in economia di Ronald Reagan negli Stati Uniti e di Margareth Thatcher nel Regno Unito. In questi anni emersero anche i primi segnali dell’AIDS. In Italia, il sindacato e il movimento operaio da protagonisti diventarono marginali. Nacque Mediaset, il futuro impero mediatico di Berlusconi, che di lì a pochi anni entrerà in politica, diventando il modello di ogni futuro populismo. Si svilupparono Internet, i primi computer e i primissimi telefoni cellulari. Questi anni furono anche il teatro della Loggia P2 e delle guerre di mafia.

Uno dopo l'altro le conquiste della Ricostruzione postbellica furono sgretolati: il boom economico affondò nel mare del debito pubblico; i movimenti giovanili e la cultura pop si ridussero a parodie; la politica diventò un teatrino per nani e ballerini, gli eterni adolescenti dei decenni precedenti invecchiarono, trasformandosi in figure bisbetiche e rancorose. Fu, in sintesi, l’approdo al mondo in cui stiamo vivendo oggi.

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