Paola Gianotti passa buona parte del suo tempo in bicicletta. Ha percorso nella sua carriera oltre 120mila chilometri in sella e ha stabilito molti record. Nel 2013 è stata la donna più veloce ad aver fatto il giro del mondo in bici. Nel 2015 è stata l'unica donna a partecipare alla Redbull Transiberian Extreme, considerata la gara di ultracycling (la specialità del ciclismo che si corre sulle lunghe distanze) più dura del globo.

Andare in bicicletta per Paola non significa però battere ogni volta nuovi record. È per lei il modo per realizzare i propri sogni e per sentire che sta facendo qualcosa di importante nella vita, importante per sé e anche per gli altri.

Le "imprese" di Paola, infatti, sono accompagnate dal grande impegno nel volontariato che l'ha portata nel 2016 a pedalare per i 48 Stati degli USA, raccogliendo fondi per donare biciclette alle donne ugandesi in collaborazione con l'Associazione Africa Mission Cooperazione e Sviluppo, oppure l'anno dopo ad attraversare il Giappone in bicicletta, sempre per raccogliere fondi.

Sono queste, unite al grande amore per la bici, le storie che ritroviamo nel volume In fuga controvento (Bradipolibri, 2020, pp. 232, anche e-book), un libro che è anche un racconto di come lo sport ci possa insegnare a credere in quello che facciamo e a lottare per raggiungere i nostri obiettivi… anche quando si pedala controvento. Ma, per parafrasare il titolo del volume, non è troppo dura andare in fuga quando il vento ci sbatte addosso? Non è meglio aspettare un momento migliore? Lo chiediamo direttamente a Paola Gianotti: "Eh, no. È quello il bello, è quella la sfida. Quando si è in sella così come nella vita – e quello che è accaduto nell'ultimo anno ce lo dimostra – si deve spesso procedere controvento, si deve spesso fare i conti con le difficoltà, anche quando non ce l’aspettiamo. Quello che ho imparato è che le difficoltà, il controvento, vanno affrontate andando in fuga, cioè facendo uno scatto in avanti. È difficile, ma possiamo farcela".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Va bene lo scatto, ma basta questo per pedalare controvento?

"Ci vuole tanta motivazione, ci vuole passione per quello che si sta facendo e quella resilienza che ti porta a resistere. Insomma, controvento ci vuole più testa che fisico".

Ma lo sport cosa ci può insegnare a livello mentale, di testa?

"Insegna ad affrontare le difficoltà. A rialzarci dopo una caduta. Nello sport è facile fallire, è facile arrivare dietro, però si impara a non mollare mai, a risalire in sella sempre. E poi lo sport insegna a stare con gli altri, anche se si pratica una disciplina individuale come il ciclismo. C’è sempre una squadra accanto al ciclista che pedala".

E lei pedala veramente tantissimo! Ma cosa pensa durante le lunghe ore in sella?

"La pedalata, soprattutto se si percorrono lunghe distanze come faccio io, diventa una sorta di meditazione. Mentre pedalo arrivo a immergermi in una dimensione diversa e a riflettere su questioni profonde che riguardano la mia vita, la mia famiglia, la società che mi circonda. Nei momenti in cui pedalo a lungo sono veramente tutt’uno con la mia anima, cosa che non mi capita nella quotidianità".

Ma come mai la scelta di uno sport duro come il ciclismo?

"Il ciclismo coniuga due delle mie grandi passioni: lo sport e il viaggio. Pedalando faccio l'uno e l'altro, cosa potrei avere di meglio?".

Quale sarà la sua prossima fuga?

"In questo momento per me andare in fuga, significa portare in tutta Italia la campagna sulla sicurezza stradale 'Io rispetto il ciclista' che ho ideato assieme a Marco Cavorso. Questa è per me la fuga più importante: riuscire a cambiare le regole sulla strada, imporre una distanza di sicurezza quando si sorpassano i ciclisti, installare ovunque cartelli che invitino al rispetto di chi va in bicicletta. Ecco, questa spero diventi una fuga vincente!".
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