Okinoshima, isola sacra nel sud-ovest del Giappone dove le donne sono bandite e gli uomini, in ottemperanza a un rituale sacro locale, devono spogliarsi non appena toccano terra, è stata dichiarata Patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco.

Una scelta che, seppur del tutto coerente da un punto di vista paesaggistico e artistico, sta facendo ampiamente discutere per il risvolto etico che ne consegue.

Okinoshima, che fa parte della città di Munakata ed è considerata terra sacra, seppure sia dedicata ad una delle tre figlie del Dio Amaterasu, la Dea Tagorihime, non può infatti ospitare donne, giudicate impure – a causa del ciclo mestruale – dalla religione shintoista. Il territorio è venerato come una divinità e, secondo la credenza locale, la presenza femminile lo "contaminerebbe" rendendolo "impuro".

Gli unici turisti ammessi sono esponenti del sesso maschile, che devono attenersi a regole ben precise: visita all’isola, in numero massimo di 200, una sola volta l’anno, il 27 maggio, con un rituale di purificazione ben preciso e che prevede che debbano denudarsi non appena toccate le sponde. Non solo, è anche previsto il divieto assoluto di raccontare i particolari del viaggio e di portare via oggetti. Secondo i locali, tale pratica servirebbe a placare le anime dei soldati russi e giapponesi morti in battaglia, a inizio Novecento, in prossimità dell’isola.

Okinoshima, vero e proprio paradiso a cielo aperto e terra ricca di opere artistiche e storiche di grandissimo valore, nonostante la nomina a sito Unesco continuerà a mantenere invariate le proprie tradizioni. Già lo scorso anno Takayuki Ashizu, alto prelato al Makunata Taisha, aveva preannunciato che il bando sul turismo sarebbe rimasto in vigore in ogni caso: "Non apriremo Okinoshima al pubblico, perché le persone non devono visitarla solo per curiosità".

(Redazione Online / v.l.)
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