Filosofo, saggista e, soprattutto, psicoanalista, Massimo Recalcati è la personalità che ha più di tutti contribuito alla diffusione del pensiero di Jacques Lacan in Italia. È anche uno degli intellettuali e studiosi che maggiormente ha sostenuto e sostiene la fondamentale importanza della pratica psicoanalitica contro il principio cinico e contemporaneo dell’utilità immediata. Oggi, infatti, sembra solo contare solo ciò che è utile adesso, il resto non esiste. Il progresso delle neuroscienze, lo psicofarmaco e le terapie brevi centrate sulla correzione cognitiva-comportamentale del sintomo sembrano tradurre questo principio nelle pratiche della “cura”: ciò che conta è il funzionamento della macchina corpo o della macchina pensiero. Il tempo stesso della cura deve comprimersi il più possibile: poche parole e più fatti! Questa deriva sembra decretare inesorabilmente la morte della psicoanalisi, coi suoi tempi lunghi e la ricerca delle cause prime, una pratica che appare destinata ad essere inventariata tra le statue nel museo delle cere della modernità.

Nella scia della difesa della pratica psicoanalitica si pone anche il recente Elogio dell’inconscio (Castelvecchi, 2024, euro 17,50, pp. 144, anche e-book), vero e proprio pamphlet, volutamente militante, in cui il sostegno alla psicanalisi trova espressione nella celebrazione della parte più profonda della nostra psiche come ancora di salvezza in un tempo odierno in cui l’individualità pare lasciare il posto alla macchina.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

In un’epoca sempre più votata alla robotizzazione della vita, elogiare l’inconscio diventa allora un atto di resistenza. Secondo la lettura di Massimo Recalcati, l’inconscio – massima intuizione di Freud - è infatti il luogo in cui il desiderio del soggetto si manifesta nella sua irriducibile singolarità, ritagliando costantemente uno spazio creativo, eccentrico, anomalo, uno spazio che nessuna pianificazione educativa può addomesticare. L’inconscio non smette di destabilizzare il conformismo sociale, l’uniforme, è l’unico vero antidoto alla concezione dell’uomo come macchina e al culto narcisistico dell’io-padrone. Riconoscere l’esistenza del soggetto dell’inconscio significa anche mettere in scacco l’ideale prestazionale di un’identità forte, deporre ogni forma di fanatismo o dogmatismo totalitario e, come scrive Recalcati, “sviluppare, come si direbbe in politica, una democrazia interna più vitale e più interessante, dove i confini siano in grado di garantire transiti e incontri sorprendenti”.

Con questo libro, Recalcati ci ricorda, infine, che non esiste un modello uguale per tutti cui dovremmo conformare le nostre vite: «L’inconscio è oggi a rischio di estinzione, ma una vita senza inconscio sarebbe una vita senza desiderio. Farne un elogio significa pensare che l’essere umano non è una macchina e che non esiste una misura universale della felicità. L’esistenza dell’inconscio ci impone di non smarrire il nostro rapporto singolare con il desiderio. Non cedere sul fronte del proprio desiderio, come insegnava Lacan, è quindi un dovere etico che impegna ciascuno di noi, singolarmente, in una responsabilità radicale. A volte, persino quella di fare amicizia con il nostro io più profondo, dove si nascondono i lati peggiori e anche quelli più singolari e migliori di noi stessi».

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