Il punto di partenza sono poche parole scritte da Primo Levi in “Se questo è un uomo”: “Credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi…”. Già, ma chi era Lorenzo? Perché fu tanto importante per Levi e nonostante questo è in pratica uno sconosciuto? La risposta a queste domande la troviamo nell’ultimo libro di Carlo Greppi “Un uomo di poche parole” (Laterza, 2023, Euro 19, pp. 328. Anche Ebook) in cui lo storico piemontese con una ricerca storica scrupolosa “resuscita” dall’oblio del tempo Lorenzo Perrone.

Era costui un muratore piemontese che viveva fuori dal reticolato di Auschwitz III-Monowitz. Un uomo povero, dal carattere difficile e quasi analfabeta che tutti i giorni, per sei mesi, portò a Levi una gavetta di zuppa che lo aiutò a compensare la malnutrizione del lager. Ma non si limitò ad assisterlo nei suoi bisogni più concreti: andò ben oltre, rischiando la vita anche per permettergli di comunicare con la famiglia. Si occupò del suo giovane amico come solo un padre avrebbe potuto fare, rispondendo con fermezza a ogni tentativo dell’amico di tenerlo lontano da lui e dai pericoli che poteva correre aiutando un ebreo rinchiuso in un lager. “Non me ne importa niente” rispondeva semplicemente Lorenzo e continuava a darsi da fare.

Ne nacque un’amicizia straordinaria che, germogliata all’inferno, sopravvisse alla guerra e proseguì in Italia fino alla morte struggente di Lorenzo nel 1952, piegato dall’alcol e dalla tubercolosi. Primo non lo dimenticò mai: parlò spesso di lui e chiamò i suoi figli Lisa Lorenza e Renzo, in onore del suo amico. Ma al di là dei dati biografici e storici chi fu Lorenzo Perrone lo chiediamo direttamente a Carlo Greppi: «Fu l’incarnazione umana del bene. Nulla di meno, nulla di più. Non era un eroe, né un essere soprannaturale. Era un essere imperfetto come tutti noi, però dopo averlo conosciuto ho compreso quanto avesse ragione Primo Levi quando in Se questo è un uomo scriveva: ‘Ma Lorenzo era un uomo; la sua umanità era pura e incontaminata, egli era al di fuori di questo mondo di negazione. Grazie a Lorenzo mi è accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo’».

Nonostante non fosse rinchiuso come Levi ad Auschwitz III-Monowitz, Lorenzo Perrone non riuscì a ritrovare una normalità di vita una volta finita la guerra…

«Tornò a casa letteralmente triturato per quello che aveva visto. Nonostante fosse stato decisivo per la sopravvivenza di Levi, e non solo, l’esperienza a contatto con la realtà dei campi di concentramento gli fece perdere la bussola. Fu come se la sua vita avesse trovato un senso nell’aiuto che diede agli sfortunati rinchiusi nel lager, ma che questo senso si fosse smarrito una volta tornata la pace. Dopo Auschwitz Lorenzo andò incontro a un inesorabile sprofondare che lo portò alla morte in pochi anni».

Chi ha conservato la memoria di Lorenzo Perrone?

«La famiglia ne ha conservato la memoria con ritrosia, nell’intimità con solo qualche sporadica intervista negli anni Novanta del Novecento. Lorenzo ha avuto poi nella sua cittadina, Fossano, alcuni cantori che ne hanno tramandato la memoria, come don Carlo Lenta e il sindaco Giuseppe Manfredi. Non poi così tanto se pensiamo all’importanza avuta da Lorenzo Perrone nella vita di Primo Levi e quindi nella nostra storia. Come sarebbe stata la nostra percezione della Shoah se Levi non fosse sopravvissuto al lager e non ci avesse lasciato le sue testimonianze?».

Nei suoi libri lei spesso preferisce non concentrarsi suoi grandi personaggi, ma studiare quelle che chiama le “pietre di scarto” della storia, persone comuni, ordinarie. Perché questa scelta?

«Perché la storia è composta da alto e basso. È un intreccio tra la storia con la ‘S’ maiuscola fatta da politica, battaglie, personaggi e la storia ordinaria, delle persone comuni. Sono due aspetti che si compenetrano e che devono essere tenuti entrambi presenti. Il mio libro è la biografia di quella che appare una ‘pietra di scarto’ della storia, di una di quelle persone che vivono senza lasciare, apparentemente, traccia e ricordo di sé. Ma, a ben guardare, molte di esse sono la vera ‘testata d’angolo’ dell’umanità».

La copertina
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