In un libro destinato a suscitare scalpore e polemiche in Israele, la figlia dello scrittore Amos Oz ha accusato il padre, morto nel 2018, di essere stato violento nei suoi confronti fino agli ultimi giorni di vita. Nella autobiografia appena uscita in ebraico dal titolo "Qualcosa travestito da amore", Galia Oz denuncia un rapporto difficile con il padre, nume tutelare della letteratura israeliana e icona progressista.

"Nella mia infanzia - prende avvio il libro - mio padre mi ha picchiato, imprecato contro e umiliata. La violenza è stata creativa: mi ha trascinato fuori casa e mi ha cacciato via. Mi ha chiamato schifezza. Non una passeggera perdita di controllo e non uno schiaffo in faccia qui e lì, ma una routine di sadico abuso".

"Il mio crimine - ha aggiunto Galia, scrittrice di libri per bambini anche lei di successo - ero io stessa, così la punizione non ha avuto fine. Doveva essere sicuro che mi sarei dovuta spezzare".

Un ritratto respinto dal resto della famiglia Oz: la vedova dell'autore Nili e gli altri suoi due figli - Fania e Daniel - hanno contestato con forza quanto sostenuto da Galia. "Abbiamo conosciuto - hanno scritto in un comunicato congiunto - un padre diverso: un caldo, amorevole, attento genitore che ha amato la sua famiglia".

(Unioneonline/F)
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