Tutto comincia con un bel patatrac. Sofia posta un video, quel simpaticone di Belva lo modifica a modo suo e… la preside si infuria! La punizione non può che essere esemplare e i ragazzi temono mesi senza smartphone e connessione. Viceversa, il guaio si trasforma in una inaspettata occasione: per farsi perdonare, Sofia, Belva e i compagni Tommi e Zhenyi devono partecipare a “Nature on Stage”, un concorso per documentari ambientalisti. Debuttano così i Videomaker Selvaggi e la loro prima destinazione è una baia pugliese, dove le tartarughe marine vanno a deporre le uova. E con la loro avventura entra nel vivo “La notte delle tartarughe” (Emons, 2022, pp. 192, anche e-book), divertente e attualissimo racconto in cui, tra panzerotti e interviste a esperti e pescatori, i ragazzi scopriranno come vivono le tartarughe, a quali minacce sono esposte e soprattutto come il Mediterraneo stia cambiando, sotto i nostri occhi e senza quasi che ce ne accorgiamo.

All’autore del libro, Andrea Vico, chiediamo come è nata la storia raccontata nella Notte delle tartarughe:

“Il libro nasce dall’urgenza di trovare sempre nuove occasioni per riflettere sulla crisi climatica in atto: come ci siamo arrivati, quali comportamenti sono più aggressivi verso la natura, come fare per cambiare le cose. È un percorso di consapevolezza che ha anche l’obiettivo di instaurare un rinnovato rapporto di fiducia tra cittadini e la scienza. È stato ‘ispirato’ dalla mia trentennale esperienza nel campo della divulgazione scientifica: negli ultimi anni mi sono reso conto che i libri di divulgazione ‘classica’ non bastano più e bisogna anche usare la narrativa, le tecniche di story telling, per comunicare con maggior efficacia”.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

 Perché proprio le tartarughe come protagoniste?

“Perché sono un animale simbolo, che esiste da 220 milioni di anni (praticamente erano compagni di banco dei dinosauri) ed è sopravvissuto a tutto. Ora, però, devono vedersela con noi sapiens moderni, che stiamo maltrattando gravemente il loro habitat. Anche se in realtà le tartarughe sono il pretesto per parlare dei malanni degli oceani e del mar Mediterraneo in particolare”.

Nel suo libro i ragazzi sono dei modernissimi videomaker. In che modo le nuove tecnologie possono aiutarci a conoscere e preservare la natura?

“Anzitutto misurando i fenomeni. Con i GPS abbiamo scoperto che ogni tartaruga vuole andare a fare il nido nella stessa spiaggia dove è nata, anche se deve nuotare 3-4 mila chilometri. Abbiamo scoperto che la temperatura del Mediterraneo aumenta a una velocità più che doppia rispetto al riscaldamento medio di altri mari. Stiamo misurando le foreste di Posidonia, cioè le foreste marine, e abbiamo scoperto che negli ultimi 50 anni abbiamo perso il 40% di questo habitat… Dalle misure posso poi risalire alle cause e usare altre tecnologie per risolvere il problema. Perché la crisi climatica è perfettamente gestibile: abbiamo tutte le tecnologie che servono. Bisogna solo agirle con grande determinazione e il più in fretta possibile”.

 Quali sono le difficoltà nel fare divulgazione scientifica per i più giovani?

“La maggiore difficoltà sono gli adulti. E i social network. I ragazzi sono curiosissimi e molto aperti al futuro. Sono anche più pronti al cambiamento e più elastici, più adattabili degli adulti. Spesso i ragazzi ‘subiscono’ le idee un po’ imprecise degli adulti in fatto di informazioni scientifiche sul clima e dunque sono disorientati. Poi ci si mettono anche i social e le fake news sull’ambiente. Questo libro insiste, tra le altre cose, su due concetti: sii sempre critico e scettico e, dopo aver acquisito tutte le informazioni da fonti attendibili, pensa con la tua testa”.

 Ma le tartarughe ci sono anche in Sardegna?

“Certo! Più nelle coste a sud, perché l’acqua è più calda. La caretta caretta, la specie più diffusa nel Mediterraneo, si trova bene in Sardegna perché ha ampi tratti di costa incontaminata, anche se magari è disturbata dalle scorribande di natanti che sotto costa non sono proprio così discreti, con i motori fuori bordo spesso troppo veloci. A Sassari, Oristano, Cagliari ci sono importanti centri di studio delle tartarughe e anche piccoli ospedali per curare le tartarughe ferite; e nel libro, in appendice, c’è un lungo elenco di tutte le riserve naturali e le aree protette che si occupano della caretta caretta”.

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