Prima ancora del Vietnam americano, quello raccontato da tanti libri e film, c’è stato il Vietnam francese. C’è stato, tra il 1946 e il 1954, quell’enorme e quasi dimenticato mattatoio che prende il nome di guerra d’Indocina. A fronteggiarsi l’esercito coloniale di Francia e quello Popolare di Liberazione vietnamita guidato da Ho Chi Minh. Tra le fila transalpine caddero 75 mila uomini, tra quelle vietnamite 300 mila mentre ben 150 mila furono i civili uccisi. Bastano queste cifre per capire come si sia trattato di un conflitto senza esclusione di colpi, tra una nazione in declino, la Francia, decisa a non perdere le sue colonie in Asia e a non abdicare al suo status di potenza coloniale, e un popolo pronto a ogni sacrificio pur di ottenere l’indipendenza.

contentid/NGRkZGM2ZmEtZDkxNS00
contentid/NGRkZGM2ZmEtZDkxNS00

Ebbene se andiamo a leggere l’elenco dei caduti di parte francese nel Memoriale dedicato alla guerra d’Indocina a Frejus, ci rendiamo conto che molti sono i nomi tedeschi, ungheresi, spagnoli e italiani. Il governo di Parigi e l’opinione pubblica francese non volevano rinunciare al prestigio coloniale, ma non avevano nessuna intenzione di mandare i giovani virgulti di Francia a versare il loro sangue nelle lande desolate dell’Asia. Per quello c’erano i mercenari, c’era la Legione straniera.  Furono così forse settemila i nostri connazionali che si ritrovarono a combattere nel corpo di spedizione francese in Indocina. Circa 1330 morirono, premiati per il loro sacrifico da una semplice comunicazione alle famiglie da parte del Ministero della guerra francese, una comunicazione con la dicitura: “Morti per la Francia. Caduto sul campo dell’onore”. Molti altri tornarono a casa mutilati o segnati per sempre dall’esperienza di una guerra chiaramente senza speranze di vittoria per la Francia, ma combattuta comunque con disperata violenta da entrambe le parti.

Al Vietnam dimenticato di tanti giovani italiani è dedicato l’emozionante libro di Luca Fregona Soldati di sventura (Athesia, 2021,pp. 272, anche e-book).

Fregona prende spunto dalle vicende di tre giovani altoatesini - Beniamino Leoni, Emil Stocker, Rodolfo Altadonna - per raccontarci lo smarrimento di una generazione, quella nata negli anni Venti del Novecento e cresciuta coi foschi miti del fascismo e del nazismo. Come scrive l’autore: “Le vite dei tre protagonisti del libro […] racchiudono il dramma e la solitudine di una generazione risucchiata dalle scorie tossiche della seconda guerra mondiale, e poi risputata con violenza e cinismo – come un nodulo conficcato in gola di cui liberarsi – nelle paludi di Tonchino”.  Erano quindi i giovani di una generazione che aveva conosciuto l’indottrinamento totalitario, le devastazioni della guerra mondiale e si ritrovava nel Dopoguerra smarrita, troppe volte senza prospettive. Molti di quei giovani seppero comunque lasciarsi alle spalle il passato e andare avanti. Altri, tanti altri, dovettero fare i conti con i propri demoni interiori oppure semplicemente con la miseria che li costrinse a scelte disperate. Pronta a ghermire questi ragazzi, negli anni del Dopoguerra, c’era la Legione straniera che aveva sguinzagliato i propri reclutatori nelle città italiane, presso i confini dove molti espatriavano come clandestini e, una volta catturati dalla gendarmeria di Francia, preferivano l’arruolamento alla prigione o al rimpatrio. Reclutatori si aggiravano poi attorno alle miniere pronti a far firmare quei disperati che non ne potevano più della vita nei cunicoli a scavare e respirare polvere. L’Indocina chiedeva sempre nuovi tributi di sangue e ogni mezzo era lecito per riempire le fila dei legionari, costantemente assottigliate dai duri combattimenti coi vietnamiti.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

I giovani che accettavano conoscevano ben poco della Legione, della brutalità dell’addestramento e della disciplina ossessiva. Erano attirati dall’ingaggio e dalla possibilità di ottenere dopo cinque anni la cittadinanza francese. Non sapevano, soprattutto, che li attendeva l’inferno e che il loro biglietto era spesso di sola andata. Così, gli spiantati e i disperati del continente furono mandati a combattere nelle giungle e nelle risaie assieme a tutti coloro che volevano semplicemente scomparire: ex nazisti, ex fascisti, membri della Wehrmacht. Tutti soldati di sventura.

© Riproduzione riservata