«Si va via per tornare», scrive Dacia Maraini. E il ritorno a casa è sempre una complessa trama di emozioni, incontri, affetti ritrovati, e nuove consapevolezze. L’editore del gruppo L’Unione Sarda Sergio Zuncheddu è tornato nella sua Burcei per presentare “Buongiorno SarDegna”, in cui disegna il quadro di uno sviluppo possibile, finalmente libera dalla dipendenza economica, senza condizionamenti esterni. Un'alba necessaria, un riscatto di cui Sergio Zuncheddu, nel volume, delinea le direttrici. Subito il senso di gratitudine nei confronti della comunità a cui appartiene: «Mi sento sempre debitore verso il mio paese - ha subito chiarito - perché i valori che ho assimilato qui mi hanno guidato, nel bene e nel male, in ciò che sono, e mi hanno fatto arrivare sino a questo punto». Un incontro molto atteso, ha evidenziato il sindaco Simone Monni: «La grande partecipazione dei cittadini ha confermato le sensazioni della vigilia». Una comunità che ha discusso del suo futuro e del destino dell'intera Isola.

Il paese

L’incontro, moderato dal direttore de L’Unione Sarda, Emanuele Dessì, si è trasformato in un dibattito collettivo a cui il libro ha dato slancio. Il salone parrocchiale come un’agorà. Un momento comunitario, un proficuo scambio di idee. Nelle pagine, neppure tanto in controluce, emergono le radici: «C’è molto di Burcei in questo libro», afferma l’autore, visibilmente emozionato. C’è una figura familiare, come nonno Giuseppi detto Babay, uomo autorevole e carismatico, che indica la strada e avverte che la rassegnazione è dannosa e produce dipendenza e sottomissione. Ci sono i racconti del focolare, alimentati dalla saggezza degli anziani, «pezzi di vita vissuta», immagini dell’infanzia che riaffiorano nelle pagine del libro. Il passato non è una «terra straniera» per Zuncheddu, che lo ha richiamato per sottolineare quanto potrebbe essere utile conoscerlo oggi, per non ripetere gli errori fatti e affrancarsi dai condizionamenti esterni. Viene richiamato un passato ritenuto grandioso. «Siamo partiti bene. La civiltà nuragica ha generato una Sardegna florida, per allora. C’erano mezzi, capacità progettuale, intelligenza per costruire migliaia di monumenti nuragici. Costruivano imbarcazioni, navigavano nel Mediterraneo e negli approdi barattavano i propri prodotti, in un vivace contesto di scambi economici e culturali. Eravamo un popolo proiettato verso l’esterno, padrone del suo destino». Una storia perduta, che oggi appare capovolta. Dove c’erano forza e autorevolezza, oggi ci sono sottomissione e dipendenza. Così raggiungono il suolo sardo aggressivi “prenditori” (così li definisce l’autore), novelli dominatori che continuano a condizionare ogni progetto di sviluppo. «Ora ci stiamo facendo intortare dai “signori del vento”, le cui gesta vengono descritte nelle inchieste del nostro giornale, che ci portano impianti eolici che devastano il paesaggio, la nostra principale ricchezza. Anche il territorio di Burcei è a rischio, la valle di “Su Entosu” potrebbe finire nel mirino di questi signori». Rivolgendosi ai giovani del suo paese, ha detto: «Prendete in mano il vostro destino, che poi è il destino dell’intera Isola. Non rassegnatevi. Assecondate i sogni. Fate trionfare le vostre attitudini e aspirazioni, anche se le mamme vi chiedono di puntare su un “posticino sicuro” in qualche ente pubblico. Le mamme hanno sempre ragione tranne, talvolta, nel caso in cui non siate convinti di inseguire la sicurezza e non l’intraprendenza. Ascoltate voi stessi e decidete della vostra vita. Io l’ho fatto».

Gli interventi

Nell’affollatissimo salone parrocchiale c’è stato un confronto a più voci, domande e riflessioni. Il parroco, don Giuseppe Pisano, ha riproposto una storia che continua a produrre delusioni, quella della petrolchimica, per dire che «la Sardegna è sempre vittima dello stesso sistema». Enzo Monni, dirigente sportivo, si è soffermato sul tema dell’invidia affrontato nel libro. «L’invidia», ha rimarcato l’autore, «è un virus sociale. È uno dei peggiori mali di cui soffre la Sardegna. Chi cade vittima di questo virus desidera il fallimento dell’altro, bersaglio del suo sentimento negativo. In Sardegna il virus è gagliardo e virulento. La cura è un sentimento positivo, una sfida diversa con se stessi, e la medicina si chiama emulazione: fare più e meglio dell’altro, del destinato a essere vittima». Il giovane Roberto Gessa ha aperto un’altra pagina di storia, quella che è stata arricchita dalle iscrizioni semitiche ritrovate in Sardegna. Peppuccio Mattana ha denunciato un problema concreto: «La mancata attivazione di una condotta idrica il cui funzionamento darebbe respiro alle vigne del paese e ai ciliegeti». Antonio Lorrai ha affrontato una delle questioni centrali per lo sviluppo sociale ed economico: «Perché non occuparsi della formazione dei giovani per favorire il loro inserimento nel mondo delle imprese?». Secondo l’editore, «la formazione imprenditoriale e manageriale è fondamentale e nel libro è largamente proposta. Se sai sei, se non sai sei di qualcun altro, diceva Don Milani. Le università devono connettersi con le realtà produttive». Rino Marcia ha riflettuto con rabbia e amarezza sui collegamenti aerei da e per la Sardegna. Sui voli cari e non sempre puntuali Zuncheddu ha rimarcato che «si tratta di un grave limite allo sviluppo. Viene leso un diritto costituzionale, il diritto alla mobilità». Tonio Pani, “cantadori” e operatore culturale quartese, ha sottolineato la necessità di portare a compimento le idee presenti nel volume. Non lo ha detto apertamente, ma ha fatto intendere che l’uomo giusto potrebbe proprio l’autore di “Buongiorno SarDegna”, che ha replicato con un sorriso: «Faccio quello che devo fare. È mio dovere dare un contributo alla difesa degli interessi della Sardegna con L’Unione Sarda e con quello che sto facendo, anche qui oggi, ma voglio continuare a fare l’imprenditore. La politica è divisiva e noi siamo L’Unione Sarda, non la disunione». Durante l'incontro c'è stato spazio anche per la vicenda di Beniamino Zuncheddu, in carcere da 33 anni per una strage avvenuta nelle montagne di Sinnai. Si è sempre dichiarato innocente e la sua comunità lo sostiene in questa battaglia. Per lui un abbraccio collettivo e le parole dell’editore: «Ho sempre creduto nella sua innocenza».

L’omaggio

Il sindaco e il parroco hanno consegnato a Sergio Zuncheddu una targa ricordo. L’omaggio della sua comunità: “Mancai oi bivast attesu tra s’una e s’atra cittadi, ses po nosu chi unu fradi, un’amigu unu bruceresu”. Intanto Mario Aledda (launeddas) e Emilio Aledda, Cesare Piu, Simone Pisu e Antonio Zuncheddu (organetto) hanno fatto sentire le note della tradizione. Un mix di esperienza e gioventù. Gli ultimi tre musicisti hanno 12 anni. Il segno di una straordinaria continuità. In tanti, nella sala accanto alla chiesa parrocchiale, si sono messi in fila per il rito del firmacopie. Poco prima di mezzanotte Sergio Zuncheddu, di nuovo emozionato, saluta tutti: «Grazie per l’accoglienza. A si biri sanus».

Massimiliano Rais

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