Cosa è stata la politica nella Prima Repubblica? Cos’è stato il potere e come è stato gestito in quella fase della storia italiana che va dal 1945 ai primi anni Novanta del Novecento, lungo tutto il tragitto della guerra fredda? Una possibile risposta a queste domande la troviamo nel volume Beneficio d’inventario (Neri Pozza, 2025, pp. 192, anche e-book), scritto da Marco Follini, testimone d’eccezione delle vicende politiche del nostro Paese. Follini, infatti, è stato politico di vertice, leader dei giovani democristiani, consigliere di amministrazione della Rai, segretario di partito, vicepresidente del Consiglio, deputato e senatore. Inoltre, ha respirato fin da bambino l’atmosfera rarefatta, avvolgente e allo stesso tempo asfissiante, del sistema politico e di potere della Prima Repubblica. Suo padre, Vittorio Follini, ex partigiano cattolico, coltivava legami con personaggi lontanissimi tra loro come Aldo Moro, Marco Pannella, Francesco Cossiga. Nel salotto di casa e al tavolo da pranzo sedevano rappresentanti del governo americano, funzionari dei vari partiti, uomini delle istituzioni in una consuetudine di incontri ordinaria per chi, come Vittorio Follini, aveva una familiarità di lunga data con il mondo della politica, pur non rimanendone per certi versi estraneo, quasi ai margini.

Ma quanto ai margini? È la domanda che attraversa sotterranea un po’ tutto il libro e che in qualche modo ha spinto Marco Follini a scriverlo. Perché la vigilia di un Natale dei primi anni Duemila l’autore di “Beneficio d’inventario” riceve una telefonata inaspettata da un ex Presidente della Repubblica, mai citato apertamente, ma facilmente individuabile in Francesco Cossiga. In quel colloquio, l'ex presidente rivela che Vittorio Follini era uno dei leader di Gladio, la struttura clandestina che avrebbe dovuto entrare in azione nel nostro Paese, in caso di emergenza, per neutralizzare il Partito comunista. La notizia colpisce Follini e lo spinge a riflettere sulla vita del padre, dai suoi esordi nella lotta partigiana fino al dopoguerra, periodo in cui svolse un ruolo fondamentale, sebbene defilato, di raccordo tra Italia e Stati Uniti. Ne nasce così un racconto intimo e pubblico, ricco di sfaccettature e di profonde riflessioni, sia sul rapporto padre-figlio sia sull'analisi storica e politica. Follini offre, così, intuizioni non banali e sempre attuali sul potere e i suoi meccanismi, esaminando l'evoluzione della Prima Repubblica, e dimostrando come la sfera pubblica sia stata, per gli uomini di quell'epoca, un riflesso della dimensione privata, e viceversa.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

"Beneficio d’inventario” colpisce allora per la capacità dell’autore di intrecciare queste due dimensioni – quella personale e familiare con quella storica e politica – in una forma originale, in parte romanzata, in parte documentaria, in grado di passare con fluidità dall'una all'altra e arricchendo la lettura di nuove implicazioni, suggestioni e stimoli emotivi, intellettuali e politici.

Il risultato finale è la storia di un padre e, in misura molto minore, di un figlio; un racconto di un piccolo mistero che ha intrecciato i loro destini e un epilogo mai trovato. Ma come dice giustamente Filippo Ceccarelli nell’introduzione del libro, c’è qualcosa di più di una semplice rievocazione familiare: «Le vicende narrate in queste pagine riguardano sicuramente un padre e un figlio; ma proprio attraverso di loro si ricompone e si complica la storia del potere in Italia, sempre ambigua e sfuggente, come è sempre stata, ma che due generazioni hanno vissuto in modi diversi».

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