Settembre del 1943: dopo l’armistizio tra Italia e Alleati, a Hitler serve la disponibilità di Mussolini per governare il Paese per conto dei nazisti. Ma il Duce è tenuto prigioniero in un luogo segreto. Per trovare e liberare il dittatore, il Führer si affida a Otto Skorzeny, un austriaco che ha entusiasticamente aderito alle SS. Negli stessi giorni, nell’isola greca di Kos si consuma un eccidio di ufficiali italiani, dal quale esce miracolosamente vivo il sottotenente Eleuterio Rea. Il giovane comincia a lavorare come agente sotto copertura per gli Alleati, in stretta collaborazione con Ada, una partigiana mossa da un indomito desiderio di vendetta.

Il destino dei due giovani si incrocia con quello di Skorzeny, ormai famoso per la liberazione di Mussolini, in una serie di operazioni segrete decisive per le sorti del conflitto mondiale. Finito il conflitto, Skorzeny riesce a sfuggire alla condanna per crimini di guerra e a ritagliarsi un ruolo prezioso per gli americani in funzione antisovietica, sviluppando una rete di contatti tra i servizi segreti di più Paesi e, parallelamente, tessendo i fili di una vasta cospirazione. Eleuterio e Ada si mettono sulle sue tracce, scatenando una caccia che li porterà a essere risucchiati nel vortice delle tensioni e degli intrighi della Guerra Fredda, prima della resa dei conti finale con l’agente nazista.

Con il romanzo "Il nazista che visse due volte” (Newton Compton, 2022, pp. 352, anche e-book) Andrea Frediani ci conduce sulle tracce di Otto Skorzeny, definito dai suoi nemici “l’uomo più pericoloso d’Europa”.

A Frediani chiediamo perché ha deciso di raccontare la vicenda di un uomo tanto controverso e ambiguo:

«Piuttosto, c’è da chiedersi come mai nessuno l’avesse mai raccontata in forma di romanzo! A parte Skorzeny, intendo, che ha scritto nel 1970 la propria autobiografia intitolandola, non a caso, "Vivere pericolosamente”. Senza alcuna ammirazione, beninteso, per un uomo che ha continuato a rappresentare fino alla sua morte un punto di riferimento per un regime spietato e per i sogni di rivalsa dei nazisti delusi dalla sconfitta, bisogna riconoscere che la sua esistenza è stata tra le più ricche e interessanti del XX secolo. Come fai a non raccontare la storia di un SS austriaco che si è fatto il fronte russo, ha liberato Mussolini, travestito tedeschi da americani infiltrandoli nelle loro linee durante la battaglia delle Ardenne, è stato processato per crimini di guerra, è evaso dal carcere, è stato in Argentina come guardia del corpo di Peron e forse amante di Evita, è stato trafficante d’armi, possidente terriero in Irlanda, addestratore di terroristi in Egitto, forse collaboratore della CIA, assassino di scienziati nazisti a libro paga degli egiziani per conto del Mossad?».

Quali sono state le fonti a cui si è ispirato per il romanzo?

«Per la prima parte della sua vita, quella che arriva fino alla fine della Seconda guerra mondiale, principalmente la già citata autobiografia, che naturalmente va stemperata con altre fonti più ufficiali, stante la ben nota tendenza di Skorzeny a tessere le proprie lodi. Molte sue imprese rientrano nella cronaca del conflitto, mentre per il dopoguerra e per il suo ruolo nella Guerra fredda, nell’evoluzione dei regimi populisti, militari e di destra dell’America Latina, come anche per la sua discussa collaborazione col Mossad, le fonti sono molto più confuse, e vanno rintracciate in diversi documenti desegretati solo in tempi recenti, in memorie di ex agenti segreti e in articoli giornalistici».

Andrea Frediani (foto concessa)
Andrea Frediani (foto concessa)
Andrea Frediani (foto concessa)

So che a questo libro lei è particolarmente legato: per quali ragioni? Ce le vuole raccontare?

«C’era un altro paio di storie che volevo raccontare, e piuttosto che scrivere tre libri distinti ho deciso di fonderle in un solo volume, che racconta la vicenda di tre protagonisti. Oltre a Skorzeny, volevo parlare di una ragazza, che impersona una mia amica finita da bambina in un istituto gestito dalle suore con metodi educativi di fronte ai quali oggi inorridiremmo. Ma soprattutto, intendevo raccontare la storia dello zio di mio padre, Eleuterio Rea, un giovane sottotenente di artiglieria vittima di uno degli eccidi-satellite di quello di Cefalonia all’indomani dell’8 settembre, precisamente nell’isola di Kos, dove oltre un centinaio di ufficiali italiani vennero giustiziati dopo la resa. Il suo corpo è uno dei pochi che non sono stati mai ritrovati, quindi ho immaginato che, in un modo o nell’altro, fosse sopravvissuto e fosse diventato un agente segreto».

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Come è stato raccontare una vicenda in cui in qualche modo è emotivamente e personalmente coinvolto?

«In realtà, spesso inserisco esperienze personali nei miei romanzi. In questo caso, l’ho fatto in modo manifesto, arrivando addirittura a inserire, alla fine, un cameo di me stesso – da bambino -, un po’ come usava fare Hitchcock nei suoi film. Non ho mai incontrato il mio prozio, ovviamente, ma nella fiction ho fatto in modo che accadesse, ed è stato emozionante».

Perché c’è ancora tanto interesse per le vicende del fascismo, del nazismo e della Seconda guerra mondiale?

«Io ho scritto soprattutto di storia romana e medievale, e sono laureato in storia medievale. Ma avrei potuto tranquillamente laurearmi in storia contemporanea, e mi sono diplomato al liceo classico con una tesina sul nazismo. Se ho scritto tanto sul passato remoto è a causa delle richieste editoriali. Solo negli ultimi anni ho insistito presso l’editore per scrivere anche romanzi ambientati durante la Seconda guerra mondiale, soprattutto per entrare nei dibattiti che, oggi, sono più vivi che mai sulla valenza storica di nazismo e fascismo. Se ne sentono e leggono tante, soprattutto adesso che Internet dà voce a tutti: la storia recente è affrontata dai non addetti ai lavori in modo strumentale e ideologico, quindi mi pare giusto che chi ha gli strumenti per presentare un quadro oggettivo e realistico degli eventi entri in campo».

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