I media dedicano da sempre ampio spazio ad argomenti quali i fenomeni paranormali, le previsioni astrologiche, i contatti con gli extraterrestri, spesso trattando tutto ciò in modo acritico, senza alcun criterio di controllo. Negli ultimi anni la Rete ha poi ampliato a dismisura il fenomeno offrendo uno spazio enorme ad affermazioni non verificate a sostegno di terapie di non provata efficacia, leggende urbane, falsificazioni storiche e teorie complottiste. Questi ultimi mesi di emergenza Coronavirus hanno fatto il resto, dando il la a teorie e contro-teorie di ogni tipo.

Marco Ciardi, docente di Storia della Scienza all’Università di Firenze, ci aiuta a marcare un confine netto tra discipline scientifiche e pseudo-tali nel suo Breve storia delle pseudoscienze (Hoepli Editore, 2021, pp. 168, anche e-book). In questo agile saggio, infatti, Ciardi ricostruisce il rapporto tra scienza e pseudoscienze, dall'alchimia ai continenti perduti, dal creazionismo agli antichi astronauti, fornendoci le coordinate per comprendere fenomeni che continuano a incontrare molta fortuna anche ai giorni nostri.

Ma da dove deriva la fortuna delle pseudoscienze? Lo chiediamo proprio a Marco Ciardi:

"In parte è dovuta al fatto che la scienza viene presentata, prima di tutto a scuola, in maniera asettica, senza raccontarne la storia, l’evoluzione e senza mostrare la complessità dei problemi che le discipline scientifiche affrontano. L’insegnamento delle scienze è troppo limitato alla parte tecnico-pragmatica: formule, equazioni, soluzioni di problemi. Non si spiega però come funziona la scienza: i suoi valori, i metodi, come si arriva a stabilire se una tesi è vera oppure no. A questo primo aspetto se ne aggiungono altri".

Quali?

"Un secondo aspetto, molto sottovalutato, è legato al fatto che alcune persone arrivano alle pseudoscienze partendo da interessi scientifici ma senza conoscere bene il metodo della scienza, come fare a distinguere se una cosa ha basi di scientificità oppure no. Infine, le pseudoscienze solleticano la fantasia e l’immaginazione, elementi che esistono anche nella ricerca scientifica vera e propria, ma che spesso sono meno evidenti perché appunto l’insegnamento delle materie scientifiche punta troppo sugli aspetti tecnici, teorici oppure sulla soluzione dei problemi".

Insomma, c’è il rischio che le pseudoscienze siano più affascinanti delle scienze…

"Certamente. Le pseudoscienze cercano risposte a temi che interessano tutti: le nostre origini, gli enigmi che ci circondano. Sono il terreno fertile del dubbio e del mistero mentre la scienza appare un concentrato di certezze monolitiche, acquisite, da imparare a memoria. Se voglio il brivido dell’imprevisto, dell’avventura allora lo cerco altrove. Viceversa, questi elementi di fascino sono presenti anche nella scienza ma per scoprirli bisognerebbe affrontare soprattutto a scuola temi come il rapporto tra scienza e religione, scienza e letteratura. Invece l’ambito umanistico e quello scientifico vengono tenuti quasi sempre separati".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

La scienza ha saputo raccontare la pandemia che stiamo vivendo?

"Ci siamo trovati improvvisamente all’interno di una pandemia, dovendo fronteggiare un virus sconosciuto. Il problema era quindi complicato e necessitava e ancora necessita di tempo per trovare risposte. Alcuni scienziati, in realtà, hanno detto queste cose, ma il tema della complessità della scienza andrebbe riaffermato con più forza. Poi c’è stato indubbiamente un problema di divulgazione delle notizie. Gli scienziati sono abituati a confrontarsi anche aspramente, però se il dibattito viene portato sugli schermi televisivi ovviamente diventa spiazzante. Probabilmente si doveva dare più spazio ai divulgatori scientifici, ai giornalisti scientifici, che dovevano essere maggiormente coinvolti. Ma anche quello della divulgazione scientifica e del giornalismo scientifico è un annoso problema".

La scuola come potrebbe aiutare i giovani ad avere un rapporto più "sano" con la scienza?

"Prima di tutto bisognerebbe formare in maniera diversa i docenti, incentrando poi l'insegnamento maggiormente sulla storia e lo sviluppo delle scienze e su come funzionano le discipline scientifiche. Serve davvero insegnare nei licei tante nozioni tecniche che vengono dimenticate e che inoltre vengono totalmente riprese all'inizio dei percorsi universitari? Inoltre, un economista, un avvocato, chiunque vada a svolgere una professione in un ambito non prettamente scientifico di cosa avrà bisogno? A mio parere di sapere come funziona la scienza, in che modo arriva a capire se un fatto è vero oppure no. È più importante in un liceo insegnare la legge di gravitazione universale di Newton o magari far capire come funziona un vaccino e quali criteri vengono usati per stabilirne la sua efficacia e sicurezza? Insomma, per capire la scienza non deve essere necessario essere scienziati. Bisogna conoscerne i valori, i principi, i fondamenti, in modo che cresca la fiducia nella scienza come miglior strumento a nostra disposizione per conoscere la realtà che ci circonda. Uno strumento non assoluto, ma è il migliore che abbiamo".
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