Un oggetto misterioso conficcato in una roccia viene estratto da un uomo atteso da un destino straordinario. Immediatamente il nostro pensiero corre al celeberrimo episodio di Artù che sfila Excalibur e mostra al mondo di essere il predestinato a diventare re.

Per tutti noi, infatti, la spada nella roccia è il simbolo per eccellenza della saga arturiana. Così ci è stato raccontato in libri, fumetti, al cinema. Eppure, la storia del prodigio che consacra il condottiero britannico re “per grazia di Dio” non lo ritroviamo nelle prime fonti documentarie che narrano le imprese del mitico sovrano e dei suoi cavalieri. Compare per la prima volta in un testo del XIII secolo, il Merlin del poeta francese Robert de Boron. Da cosa trasse ispirazione questo oscuro autore?

Francesco Marzella, ricercatore dell’Università di Cambridge, ci aiuta a risolvere l’enigma nel suo recente “Excalibur” (Salerno Editrice 2022, pp.176), dedicato a mito e storia della spada nella roccia.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

L’indagine di Marzella prende le mosse da un confronto fra il celebre episodio del ciclo di re Artù e un racconto più antico, incentrato su un pastorale da vescovo infisso in una pietra tombale, che compare nelle Vitae (una agiografia scritta nel XII secolo) di Edoardo il Confessore, re d’Inghilterra e santo vissuto a poco dopo l’anno Mille. È solo la prima di molte analogie: dai romanzi cortesi alle saghe nordiche emergono, infatti, numerose storie che hanno per protagonisti giovani (e anche donne) di stirpe regale in cerca di legittimazione, pronti a sfidare le forze ultraterrene per conquistare spade invincibili e completare la loro iniziazione eroica.

Come un vero detective abituato a muoversi tra le fonti antiche di secoli, Marzella ricostruisce così una fitta trama di rimandi nascosti e occorrenze sorprendenti, che restituiscono uno scenario tanto più attendibile quanto più intricato, utile a illuminare la genesi di uno degli episodi più celebri di tutta la letteratura medievale, il mito della regalità per eccellenza: quello di Artù e della sua spada, Excalibur.

Un mito che non è solo universalmente noto, ma che mantiene il suo fascino anche secoli dopo la sua elaborazione, riuscendo ad affascinare noi moderni, per ragioni che ben spiega Marzella e che rendono il suo libro ancora più interessante da leggere: “Segno di legittimazione, prodigio miracoloso, simbolo di riscatto: la spada nella roccia può essere osservata da prospettive diverse e sempre ripensata con nuove sfumature. Persistenza del mito e potenza di un’immagine, certo. Eppure, la grandezza del gesto di Artù va ben oltre. Il giovane che libera la spada e riesce nella prova non grazie a qualche particolare abilità o alla sua forza, ma piuttosto facendosi scopritore e rivelatore della propria identità, è destinato a rimanere un archetipo senza tempo”. E per questo parla agli esseri umani di ogni epoca e quel gesto antico trova ancora eco nei nostri cuori e nelle nostre menti.

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