Nella pratica di un’attività sportiva si intrecciano molti elementi. Innanzitutto, c’è un aspetto puramente atletico, che riguarda la prestanza fisica e l’armonia del movimento del corpo umano. Esiste poi una dimensione ludica, cioè legata allo svago e al divertimento. Infine, lo sport coinvolge anche la sfera “morale”, vale a dire l’insieme dei valori etici da seguire per vivere nel rispetto e nel sostegno reciproco delle altre persone. Per certi aspetti, lo sport è un’attività molto educativa, un vero “maestro di vita”: chi lo pratica prende coscienza dei propri punti di forza e delle proprie debolezze, imparando a valutare consapevolmente le proprie qualità e i propri limiti. Anche l’impegno e la tenacia richiesti dallo sport sono un veicolo di un insegnamento: la fatica nel raggiungere un risultato (in questo caso sportivo) è essenziale per formare il carattere e la personalità di una persona. Ogni momento sportivo, inoltre, ci mette di fronte a una “relazione”, sotto il segno dell’aggregazione (il sentirsi parte di una squadra) o della competizione (sfidare un avversario o un’avversaria). È un’occasione per mettersi alla prova anche da questo punto di vista, interagendo con le altre persone e prendendo responsabilità all’interno di un gruppo.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Questi sono naturalmente gli aspetti ideali e virtuosi dello sport che però, soprattutto a livello professionistico, è anche business e spettacolo. Emerge, infatti, il lato cinico e ben poco romantico della competizione sportiva, un lato in chiaroscuro che ha fatto dire al grande tennista Roger Federer: “Mi piacerebbe uno sport senza doping, ma è un'illusione. C'è tanto denaro in ballo, questo spinge la gente a doparsi. Noi possiamo essere sottoposti ai controlli in qualsiasi momento e credo sia la cosa giusta da fare. Preferisco sapere che sto giocando contro un avversario pulito. Purtroppo, non è sempre così”.

Insomma, lo sport è molte cose ed è inutile pensare che denaro, ambizioni, affari e copatizione non ne siano parte integrante. Addirittura, per l’economista dell’economista statunitense Paul Oyer, se si osserva bene lo sport, è tutta una questione di economia. Se si osserva bene l’economia, assomiglia tantissimo a certi sport. Il saggio di Oyer Economisti allo stadio (il Saggiatore, 2026, pp. 240, anche e-book) è, infatti, il racconto dei legami tra questi due mondi e delle tante lezioni che ognuno di noi può apprendere dal loro incontro.

Un racconto che parte da presupposti all’apparenza insoliti: per molti, ciò che ha reso Michael Jordan il più grande giocatore di basket della storia sono le schiacciate sovrumane, i canestri sulla sirena, l’intensità inarrestabile. Per Paul Oyer, invece, è stata la sua capacità di prendere ottime decisioni economiche: come nella gara decisiva delle finali Nba del 1997, quando negli ultimi secondi, marcato da due avversari, anziché tirare come tutti si aspettavano, sfruttò la teoria dei giochi e delle probabilità e passò la palla all’allora anonimo panchinaro Steve Kerr, che fece canestro permettendo ai Chicago Bulls di Jordan di vincere la partita e il campionato. Ma è solo uno dei tanti esempi di applicazione delle regole dell’economia e dei numeri al mondo sportivo.

Nelle pagine di Economisti allo stadio Oyer ci accompagna tra spalti gremiti, rigori cruciali, vittorie sorprendenti e sconfitte inattese, rivelandoci come bilanci, incentivi, percentuali e rapporti costi-benefici ci aiutino a spiegare non solo che cosa succede in campo, ma soprattutto perché. Scopriremo così i motivi per cui il Liechtenstein ha più medaglie olimpiche pro capite degli Stati Uniti, come mai ospitare le Olimpiadi è quasi sempre una perdita economica, per quali ragioni i maratoneti kenyoti sono i più forti al mondo, perché alcuni atleti si dopano nonostante i rischi e che cosa c’entrano i bagarini e gli stipendi milionari con il buon funzionamento del sistema sportivo. Il libro di Oyer ci conduce oltre la superficie di gare e partite, mostrandoci quanto ogni scelta – in campo, ma anche fuori – dipenda dall’equilibrio tra razionalità e desiderio, tra numeri e corpi in movimento. E se pure nella nostra vita non diventeremo mai Jannik Sinner, Lamine Yamal o LeBron James, non per questo non possiamo imparare da loro a prendere decisioni migliori!

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