Disperatamente alla ricerca di Dio
Jon Fosse, premio Nobel per la letteratura 2023, nel saggio “Il mistero della fede” racconta il suo rapporto con il divinoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il norvegese Jon Fosse è una delle voci maggiormente spirituali e mistiche della poesia e della drammaturgia contemporanea. Per la sua vasta produzione, che spazia dai drammi teatrali, alle composizioni poetiche ai romanzi, nel 2023 è stato insignito del premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione: «Per la sua drammaturgia e la sua prosa innovative che danno voce all’indicibile».
Fosse, nella sua carriera più che quarantennale, ha sempre cercato di indagare quanto c’è di più misterioso, profondo e sacro nell’essere umano. Ha scandagliato le paure e i dubbi che accompagnano uomini e donne e non ha mai avuto timore di affrontare tematiche oggi spesso considerate antiquate come la ricerca del divino, la fede, la certezza o l’incertezza dell’esistenza di Dio. Nel saggio-intervista “Il mistero della fede” (Baldini+Castoldi, 2024, pp. 176) Fosse dialoga con il teologo Eskil Skjeldal proprio su queste tematiche, raccontando la sua conversione al cattolicesimo - avvenuta quando lo scrittore aveva più di cinquant’anni - alla luce della sua esperienza umana. Una esperienza fatta di incontri mistici, dubbi, sofferenza, alcolismo, amore senza limite per la scrittura e per la capacità che hanno le parole di dare un senso ai pensieri, alle emozioni e al nostro io più profondo.
Nella parola poetica, nell’arte, nella letteratura Fosse ha ritrovato spesso e continua ritrovare la voce di Dio. Un Dio che sussurra, che è onnipresente più che onnipotente, che, come alito di vento nel deserto, soffia piano, a volte quasi impercettibile, ma soffia in maniera costante, infinita. Un Dio, quello di Fosse, che rimane un mistero per l’essere umano, ma che si manifesta nei momenti più inaspettati come racconta il grande drammaturgo: “«a mia fede è legata al dubbio e alla disperazione. E la disperazione è di nuovo legata alla sofferenza e al dolore, alla morte. La crocifissione, la croce, prende su di sé la sofferenza trasformandola in qualcosa che non è sofferenza. Perché dove la disperazione raggiunge il limite, lì c’è Dio. Sono contrario a usare lettere maiuscole, a sottolineare in grassetto. Ma questa frase averi voluto scriverla in grassetto, quindi la ripeto: dove la disperazione raggiunge il limite, lì c’è Dio. Questa è la mia esperienza».
Una esperienza che Fosse racconta con sincerità disarmante, tralasciando ogni retorica e spazzando via ogni retaggio di “incenso e sacrestia”. Lo scrittore norvegese è, infatti, un credente che rifugge gli eccessi del dogmatismo, anche se comprende che molti esseri umani hanno bisogno di dogmi, regole, liturgie fisse. È un cattolico rispettoso del magistero della Chiesa, ma anche critico rispetto a quelle scelte dell’istituzione che non lo convincono e che non condivide. Dimostra soprattutto una straordinaria umilità nel mostrarsi prima di tutto come un essere umano fragile, incerto, errabondo, che ha trovato nella fede una “guida” con cui percorrere con maggiore serenità e coraggio le vie tortuose dell’esistenza.