A pochi giorni dall'inizio delle celebrazioni per i settecento anni dalla morte di Dante, inizio previsto per il Dantedì del prossimo 25 marzo, quale cosa migliore che andare alla scoperta o riscoperta della Divina Commedia e del suo autore? Per farlo possiamo affidarci ai versi del Sommo Poeta e a un libro che già nel titolo è un invito ad elevarsi verso mete molto ambite. Parliamo di A riveder le stelle (Mondadori, 2020, pp. 288, anche e-book), bestseller in cui Aldo Cazzullo ci spiega, ripercorrendo il viaggio dantesco nell'Inferno, i tanti motivi per cui noi italiani siamo debitori di Dante:

"Nel mio libro definisco Dante 'il poeta che inventò l'Italia'. Prima di tutto perché ci ha regalato una lingua comune. E poi fu il primo a parlare di Italia nel Medioevo. È lui che ha inventato l’espressione ‘bel paese’ per indicare la nostra Penisola e che ci ha donato una prima idea di coscienza nazionale. Naturalmente per il poeta fiorentino l'Italia non era una nazione come la intendiamo oggi, ma un patrimonio di cultura e bellezza. E per Dante l'Italia aveva conquistato il mondo due volte, prima con l’Impero romano e poi con la fede cristiana. E l'Italia aveva appunto una missione: conciliare la classicità imperiale e la cristianità, la Roma dei Cesari e quella dei papi".

Però Dante nei suoi versi non è stato tanto tenero verso la nostra Penisola…

"Rimproverava agli italiani di essere troppo divisi, contestava il fatto che solo i mediocri facessero politica e si lamentava che i governi cambiassero di continuo e che i provvedimenti fatti a ottobre non arrivassero a novembre. Vien da dire che le cose non sono tanto cambiate".

Ma cosa direbbe, secondo lei, Dante dell'Italia di oggi?

"Difficile rispondere a domande come questa. Credo che come era arrabbiato con gli italiani del suo tempo per le loro divisioni e il loro continuo fare guerre, per le stesse ragioni sarebbe arrabbiato con noi italiani di oggi".

(la copertina del libro)
(la copertina del libro)
(la copertina del libro)

Nel suo libro definisce Dante il poeta delle donne… perché?

"Perché in un tempo in cui ancora si discuteva se le donne avessero un'anima, Dante arrivò ad affermare che la specie umana riesce ad andare oltre tutto ciò che esiste sulla Terra grazie all’intervento femminile. È la donna che salva l’uomo, per Dante. Il racconto della Commedia, con quel perdersi del poeta nella ‘selva oscura’ ci riguarda tutti da vicino. Dante scrive, infatti, ‘nel mezzo del cammin di nostra vita’, per farci capire che la sua storia è universale, ci appartiene, è la nostra storia. E nel momento della difficoltà in soccorso di Dante vanno tre donne: la Madonna, Santa Lucia, a cui il poeta era devotissimo, e infine Beatrice".

In cosa Dante è ancora attuale?

"Dante è modernissimo, a partire dalla lingua che usa, che è molto più moderna di quella dei nostri letterati dell'Ottocento. La sua lingua è più viva di quella di Foscolo, anche di quella di Manzoni, che pure sono grandissimi scrittori. La forza di Dante è di aver ascoltato la lingua del popolo e averla fatta propria. Ci ha così trasmesso tantissime espressioni che usiamo ancora oggi, come 'stare fresco', 'non mi tange', 'stare solo soletto'. Erano le espressioni che il poeta ascoltava nei mercati, nelle vie di Firenze e che poi ha messo nei suoi capolavori. Se ci pensiamo, anche noi come il popolo ebraico, siamo, grazie a Dante, un ‘popolo del libro’. Gli ebrei dopo duemila anni di diaspora, di dispersione in ogni angolo del mondo continuavano a ritrovarsi nella lingua della Bibbia. Noi abbiamo la lingua della Divina Commedia a riunirci. E sa cosa diceva un grande scrittore come Borges?"

Cosa diceva?

"Borges aveva imparato l'italiano leggendo il poema di Dante sul tram che lo portava ogni giorno alla Biblioteca nazionale di Buenos Aires e diceva che ‘la Divina Commedia è il più bel libro scritto dagli uomini’. Ed è un libro scritto in italiano, la nostra lingua, da un nostro compatriota".
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