Fino alla nascita della stampa i libri erano scritti a mano, uno alla volta, dai monaci amanuensi, che impiegavano anni per poter ultimare la loro opera. Tutto cambiò con l’introduzione del libro stampato. Per capire la portata innovativa della stampa a caratteri mobili, possiamo paragonarla all’e-mail, che ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare. Un click su “invio” e il gioco è fatto, posso fare arrivare il mio messaggio a una o molte persone praticamente in tempo reale. In maniera simile, la celebre invenzione di Johannes Gutenberg, del 1454-55, cambiò definitivamente la modalità di diffusione delle idee, facilitando la pubblicazione di numerose opere e scritti di vario genere. Con i caratteri mobili, riutilizzabili più volte e uniti a formare parole, righe e pagine, libri e testi potevano essere stampati in serie, in decine e decine di copie: il sapere divenne così più “veloce”.

Quando pensiamo all’introduzione dei primi libri a stampa ci soffermiamo però quasi unicamente sui volumi dedicati alla cultura “alta”: le Bibbie stampate da Gutenberg, le raffinate edizioni di Aldo Manuzio a Venezia. Rosa Salzberg, docente di storia moderna all’università di Trento, nel suo “La città di carta” (Officina Libraria, 2023, pp. 280) ci racconta alcuni aspetti meno conosciuti della rivoluzione legata alla stampa.

Una narrazione frutto di una lunga ricerca storica e che parte nelle prime pagine del libro da una vicenda minore. Nell’estate del 1545, a Venezia, un cantore itinerante di nome Francesco Faentino piazzò il suo banco di legno forse presso il mercato del Rialto oppure vicino a piazza san Marco e si mise a vendere un libretto a stampa di argomento scurrile e boccaccesco. Le persone accorsero ad acquistare il libretto, ma tanto entusiasmo non coinvolse le autorità veneziane che gettarono in prigione Faentino con l’accusa di bestemmia. Il nostro cantore se la cavò con una multa salata, ma la vicenda apre uno squarcio su come esistesse già nel Cinquecento una produzione a stampa popolare ed effimera, capace di intercettare i gusti variegati della popolazione dell’epoca. Questo episodio e altri raccontati nel volume, in contrasto con l’immagine tradizionale di Venezia come “la Serenissima”, tranquilla e ordinata, evoca la vita rumorosa, mutevole e transitoria della città a livello della strada e offre la prima visione dal basso di una delle sue industrie più produttive e creative.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

L’esito è una prospettiva nuova e inaspettata sulla cultura rinascimentale, caratterizzata da una mobilità fluida e da un intreccio dinamico di testi, idee, merci e persone. Il libro segue il flusso di stampe effimere (opuscoli, operette e fogli volanti) che si riversò dai torchi veneziani a partire dalla fine del XV secolo. Si trattava dei prodotti più visibili e accessibili della tipografia, spesso venduti per le strade e declamati da intrattenitori di piazza. Strettamente intrecciati con la cultura orale, questi testi contribuirono alla creazione di pubblici nuovi, fornendo informazioni e svago a un pubblico eterogeneo e trasformando la città in un epicentro della letteratura e della performance vernacolare. Esaminando i modi in cui la produzione e la diffusione della stampa a basso costo si infiltrarono nel tessuto urbano veneziano e cambiarono il corso della vita culturale della città, il libro analizza anche il modo in cui le autorità locali cercarono di disciplinare questi flussi intensificando la censura e il controllo nel corso del XVI secolo. Insomma, il volume ci mostra come notizie e idee, prima conoscenza di pochi e racchiuse nei conventi e nei luoghi di potere, si allargarono a fasce di popolazione più ampie, provocando, sebbene in modo graduale, un progressivo innalzamento del livello di istruzione.

Un processo agevolato anche dalla stampa di testi non più solo in latino, ma anche in volgare, una produzione effimera, popolare, boccaccesca, ma estremamente vitale che è al centro di La città di carta.

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