Volti di anziani che sembrano capi tribù, grazie ad un invisibile trucco passato sopra alle linee d’espressione e che poi, alla luce del riflettore, sortisce in video effetti fluorescenti.

Cape e capi tribù, il ruolo è davvero stato quello: donne e uomini a dirigere lavori quotidiani per tutta una vita, dalla semina al pane, dalla gestione dei viveri a quella delle bestie, quando il mondo era un altro, quando la storia aveva il passo dell’epos delle comunità, dei paesi, senza altre necessità.

Ancora sabato 10 e domenica 11 giugno, dalle 10 alle 19, al Museo del Crudo di San Sperate (ingresso libero), si può vedere “Arrexinisi”, video installazione site-specific prodotta da Ginko Film, Noarte Paese Museo, Officineveda.

Nella proliferazione di video, reels, stories, chi lavora da professionista attorno a una cinepresa, e al concetto di testimoniare qualcosa, marca una differenza. È il caso di Beatrice Favaretto (Venezia, 1992), artista che utilizza il video come medium d’elezione, pur incanalando la sua ricerca anche nella fotografia d’archivio e nell’editoria indipendente, e di Andrea Mura, regista e produttore (Ginko Film): insieme hanno costruito questo delicato lavoro di 17 minuti (suoni a cura di Giacomo Salis), quattro anziani di San Sperate intervistati a proposito di morte, aldilà, se esiste o non esiste.

Enrichetto Schirru ci dice che se capitasse in zona inferno, non sarebbe poi così male, potendo arrostire anguille. Ad ascoltarli, Enrichetto, Gesuina Seu (nel frattempo mancati alla loro terra), Fiorenzo Pilia e Ida Pillittu, non solo restituiscono una certa semplice serenità, ma danno anche il senso, che è poi il senso del lavoro di Favaretto, che il proprio patrimonio identitario, la lingua (campidanese sottotitolato), sono, appunto, le radici che legano ad una comunità, all’interno della quale la morte era un fatto naturale, che ciascuno dentro di sé elaborava senza terrori e inquietudini. Magari solo un vago turbamento: «Sono un po’ fragile», ammette Gesuina. Un plauso a chi rivolge il proprio sguardo delicato e creativo alla vecchiaia, per non farla apparire la più ingrata delle stagioni. 

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