Addio a Manlio Brigaglia, divulgatore di cultura sarda
Alle alunne suggeriva di "andare alla Scuola superiore di orlo a giorno", mentre per i ragazzi lo strumento adeguato era "la zappa". Lo diceva, con il suo affettuoso sarcasmo, ad alta voce agli studenti del corso A del Liceo Azuni di Sassari dove ha insegnato per anni lettere, seminando fruttuosamente, se è vero, come è vero, che una nutrita schiera di studiosi e di giornalisti ha trovato in lui un maestro, una guida curiosa, aperta alle cose del mondo. Ieri il cuore di Manlio Brigaglia, professore, giornalista, intellettuale si è fermato. Un infarto.
Si è spento a 89 anni, spesi al lavoro fino all'ultimo, nella sua bella casa di viale Umberto, un luogo caldo, pieno di libri, diviso da sempre con l'amatissima compagna di una vita, Marisa.
La sua scomparsa è un dolore profondo per la Sardegna che in Manlio Brigaglia ha sempre trovato un intelligente punto di riferimento. Capace com'era di ricordare, collegare, ricostruire, scrivere con sorprendente velocità ed efficacia i suoi articoli. Chi lo ha avuto come prof ricorda bene anche che passando tra i banchi leggeva speditamente al rovescio dai libri degli alunni, una curiosa arte appresa in tipografia, quando i testi venivano composti in colonne di piombo. Aveva iniziato a lavorare come cronista al Corriere dell'Isola, giornale cattolico in concorrenza con la Nuova Sardegna, ed era poi passato alla Gazzetta Sarda, dove curava la parte sportiva. Divertendosi, e molto.
Lo si capiva dai racconti, arricchiti da strepitosi aneddoti di gesta calcistiche, racchiusi in titoli a effetto come "Viòla vìola per tre volte la rete viòla".
"Abbiamo seguito nella stessa auto la Sassari-Cagliari di ciclismo", ricorda con affetto Gianni Filippini, per anni direttore responsabile e in seguito direttore editoriale dell'Unione Sarda. "Erano gli anni Sessanta, la terza pagina dell'Unione che io curavo, fioriva allora, e Manlio, che scriveva di storia, era una delle firme più seguite e apprezzate. Lui aveva una doppia capacità: scrivere saggi in stile giornalistico e articoli con la sostanza dello storico".
E la sua opinione, sempre originale, ha arricchito le prime pagine del giornale, fino al divorzio e al passaggio alla Nuova. All'inizio degli anni Settanta però era diventato direttore del Lunedì della Sardegna, una voce che rompeva il monopolio dell'informazione targata Sir. "Fu un gesto di coraggio", dice oggi Alberto Pinna, firma del Corriere della Sera. "Ci pensò su non più di cinque minuti e poi diede il suo assenso".