L'inaugurazione della rinnovata piazza Garibaldi a Cagliari ha suscitato riflessioni e ricordi in un nostro lettore. Che si chiede perché si siano dovuti attendere oltre 60 anni per un progetto di riqualificazione così importante.

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"Gentile redazione,

l'inaugurazione della rinnovata Piazza Garibaldi fatta eseguire ai bambini, idea ineccepibile, forse non dice molto alle nuove generazioni, ma per noi che dagli anni Cinquanta l'abbiamo calpestata all'entrata e all'uscita della scuola "A. Riva", rappresenta un avvenimento topico.

In realtà sull'enorme caseggiato gravitavano almeno la metà dei bambini cagliaritani e in quella piazza, già da allora con molti problemi, i veri padroni eravamo noi, che dall'età di sei anni andavamo e tornavamo da soli a scuola perché le nostre mamme avevano altro da fare a casa. La piazza era lo specchio della spensieratezza: giocare a "furrisca" con le biglie di terracotta o vetro, sfide tra due squadre nella competizione chiamata "muraglia", con seri pericoli dell'integrità fisica, severe reprimende dal maestro se ritardavamo l'entrata dopo il suono della campanella.

Le due edicole erano presenti, fra loro la mitica "bancarella verde" dove compravamo stelle filanti, coriandoli, cartucce per pistole-giocattolo, matite spuntate e colori. Esisteva anche un baretto dove con 10 lire acquistavi un piccolo maritozzo o un gianduiotto che lenivano la fame all'uscita dalle lezioni. Inoltre, un sottopassaggio, da tempo immemore chiuso, che conduceva al barbiere ed a fianco i servizi igienici.

Fra una corsa e l'altra, scivolavamo e cadevamo per terra per le protuberanze dirompenti causate dalle radici degli alberi. Sì, anche in quel tempo erano presenti, insieme alle arrugginite panchine metalliche che toccate nelle estremità facevano spesso sanguinare le dita.

Per oltre 60 anni la piazza è rimasta praticamente la stessa, senza alcuna miglioria, insieme a via Garibaldi, piazza Costituzione e via Manno.

La vera domanda che oggi dovremmo porci è questa: perché questo vastissimo centro commerciale cittadino è stato abbandonato per un sessantennio? Perché si è dovuto attendere tanto fino a che un primo cittadino abbia intravista la necessità di un netto cambio di rotta?

Ma oggi, in questa epoca fagocitata dalla mortale disputa ideologica, la cittadinanza non giudica tramite la propria testa, ma basandosi solo su amici e avversari politici".

Mario Sconamila (Finlandia)

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