Un abbraccio al volo
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F ra Ucraina, Medio Oriente e incombenti elezioni Usa, lo scenario è così cupo che a leggere una notiziola di colore vien da pensare agli storici che fra cent’anni diranno: guarda questi, danzavano sull’orlo dell’abisso e parlavano di questa roba.
Però non è che risolveremo qualcosa angosciandoci a quattro palmenti e fingendo che il mondo, oltre che grande e terribile, a volte non sia anche scemo. Perciò sappiatelo: in un aeroporto neozelandese hanno vietato gli abbracci che durano più di tre minuti, per non ingombrare troppo gli spazi. Chi vuole farlo più a lungo è invitato a provvedere nel parcheggio, ma comunque la direzione informa che dopo i tre minuti l’abbraccio non ha effetto perché non fa sprigionare ulteriore ossitocina.
Ora, a parte che ognuno si fa le ossitocine sue, ma davvero in aeroporto c’è tutta questa gente che si avvinghia? A Elmas no di certo, e neppure a Fiumicino. Però siccome l’idea è fastidiosa e insensata, ha discrete chance di essere importata in Italia. E quindi spunta qualche dubbio preventivo. Chi viaggia in continuità territoriale potrà abbracciarsi un po’ di più? Chi ha la Priority potrà concedersi anche una pomiciatina? E soprattutto: scommettiamo che nell’orrendo italiano aeroportuale la regoletta diventerà “si pregano i gentili passeggeri di presentarsi al gate già abbracciati”?