Il pezzo di carta
Caffè Scorretto
Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
V ale la pena che lo Stato spenda più di 100 milioni di euro per mettere in piedi la macchina organizzativa degli esami di maturità e che i ragazzi, genitori, nonni e parentela tutta vivano nell’angoscia quando tutto è già scritto? Più no che sì e non perché l’esame sia da abolire ma da cambiare certamente. Così com’è alla fine, con voti più o meno alti, il classico “pezzo di carta” che apre i portoni dell’Università e finestrelle sul mondo del lavoro, lo acchiappano pressoché tutti. Mezz’ora davanti a una commissione dice poco, molto di più rappresenta la maturità conseguita nei cinque anni delle superiori sommando i crediti formativi e non di meno l’educazione civica. Non ha senso spendere per commissari esterni, annessi e connessi, meglio sarebbe impegnare le risorse per mettere qualche pezza alla sbrindellata scuola pubblica. E perché stare svegli con l’ansia addosso “la notte prima degli esami” se non per fare il coro a Venditti? Il dato è consolidato da anni: novantanove candidati su cento ottengono la licenza: tutti sapienti, non si boccia più non per legge ma per l’usanza che fa legge. Non diamo addosso al solo sconfitto tra cento studenti, non è un cretino ma uno spericolato che in questo grigio conformismo, tutti bravi e tutti ammessi, riesce a convincere i professori a farsi dichiarare non idoneo, merita qualche riconoscimento.