U na volta quando una donna era incinta le si augurava: «speriamo che sia maschio». Era il tempo del patriarcato, che nei paesi più evoluti dell’Occidente non esiste più. Con buona pace delle femministe più accese e dei femministi loro caudatari, che continuano a vederne e temerne il fantasma. Oggi l’auspicio è l’esatto contrario: «Speriamo che sia femmina». Il mondo è delle donne e sempre più lo sarà. Il maschio è in ritirata. Addio maschio. Stiamo assistendo alla sua decadenza e all’ascesa inarrestabile della donna. È cominciata una nuova era, che non dobbiamo chiamare matriarcato ma, accettando il neologismo di Ernst Bergmann, «ginecocrazia», che significa «potere delle donne». Il filosofo tedesco aveva previsto e auspicato, all’inizio del secolo scorso, il predominio femminile nella vita sociale. Tra i due generi è in corso la consegna del comando politico. Sta accadendo nella vecchia Europa, che forse soltanto così potrà rinnovarsi e migliorare. Le donne rispetto agli uomini stanno dimostrando di essere più determinate, più concrete, più pragmatiche: quindi più adatte a ricoprire ruoli di vertice. Nell’etimologia delle parole spesso si nasconde il destino: donna è la contrazione lessicale di domina, padrona. A lei l’uomo ha dato, per spirito cortese, l’appellativo di madonna, ossia «mia donna», quindi mia padrona. Benarrivata ginecocrazia.

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