D a almeno vent’anni quasi ogni giorno in Italia si celebra un anniversario. Prima si usava farlo in occasione di decennali, ventennali, cinquantenari. Oggi le commemorazioni sono annuali. Per lo più si ricordano eventi tragici: stragi, attentati, omicidi eccellenti. Episodi che, prestandosi gran parte di essi a strumentalizzazioni politiche, tengono accesa la tensione e le divisioni sociali. Per non dimenticare, si dice retoricamente. Di contro non si commemorano le ricorrenze di molti fausti accadimenti. Mi piacerebbe, perciò, che nei prossimi giorni Mattarella in funzione di celebrante, il comandante destituito Draghi, i capi bastone Letta, Meloni, Salvini, Berlusconi e gli spiccioli del nostro salvadanaio politico si recassero tutti insieme a Riace. Cinquant’anni fa, nel mese d’agosto, dal mare della cittadina calabra furono riportati sulla terra i bronzi di due guerrieri. Per 2.500 anni avevano riposato in quella culla di civiltà che si chiama Mediterraneo, custode di miti, cultura e bellezza. Se questo evento non sarà celebrato dimostreremo di non meritare la grandezza del nostro passato. La storia dell’umanità non è solo un elenco di guerre, pestilenze, catastrofi. Ogni tanto la Storia ci sorride. Se piangere sui lutti alleggerisce le coscienze, cogliere quei sorrisi aiuta a vivere meglio.

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