Oggi su Ricette sarde parliamo dei coricheddos, dolce tipico ogliastrino preparato solitamente nelle occasioni speciali.

Per conoscere meglio questa ricetta abbiamo contattato Elisabetta Farchi, che da diversi anni prepara questo dolce impreziosendolo con eleganti decorazioni.

ORIGINI - «Si tratta di un dolce antichissimo, tanto che un suo prototipo con almeno un secolo di vita è esposto al Museo Civico di Cagliari. Il nome coricheddos letteralmente significa “cuoricini”, dalla loro forma. Mentre i coros sono i cuori più grandi. Si chiamano anche “dolci della sposa”. Una leggenda narra che la principessa di Navarra, Santa Maria Navarrese, lasciò il suo cuore qua in Sardegna, e per questo la località ha preso il suo nome, e questi cuori sono dedicati a lei. Sono dolci che, se ben conservati, non scadono mai, anche perché il miele agisce da conservante naturale. Ma non bisogna lasciarlo all’aria aperta».

«Possono essere regalati alla sposa dalla madrina o dalla suocera: più importante e stimata è la sposa più coricheddos le saranno regalati». Importante la numerologia: «Nel tavolo degli sposi non possono essere meno di 9 e comunque sempre in numero dispari».

INGREDIENTI - Per la pasta violada: 500 g di farina di semola rimacinata di grano duro, 80 g di strutto/burro a temperatura ambiente, 120-150 ml di acqua tiepida, 1 cucchiaio di zucchero a velo e 1 pizzico di sale fino. Per il ripieno: 500 g di mandorle pelate e triate finemente, 500 g di miele, scorza di 2 arance essiccate e polverizzate, 1 bustina di zafferano. Per la decorazione: mompariglia colorata o fiorellini di pasta di zucchero (facoltativi).

I coricheddos
I coricheddos
I coricheddos

PREPARAZIONE - «Si impastano la semola di grano duro, con lo strutto, l’acqua tiepida. È una pasta molto modellabile, quasi quanto la porcellana. Consente infatti di realizzare molte decorazioni. La si può lavorare come se fosse un tessuto.  

Si mette la farina di semola sarda e poi una noce di strutto, un pizzico di sale, due cucchiai di zucchero a velo, acqua. Si lavora, si impasta per bene e si racchiude in un foglio di pellicola. Si mette in frigo per circa mezz’ora e dopo che ha riposato in frigorifero, la si può utilizzare.

Si inizia a stenderla in modo che sia quasi come un fazzoletto di seta. Si adagiano sopra i cuoricini o la forma che si desidera fare e si ricopre con un’altra parte di pasta violada e si iniziano i ricami, incidendoli. Si mettono poi in forno per 10 minuti a 100°. 

È una preparazione molto lunga: innanzitutto si lavora il ripieno, che in sardo si chiama pistiddu e può essere di vario tipo; in questo caso è composto da mandorle, miele e arance.

Si tritano le mandorle e insieme a queste la scorza d’arancia essiccata; poi in un tegame si mette a bollire il miele che deve essere della stessa quantità delle mandorle. Quando il miele bolle, si toglie dai fornelli e si aggiungono le mandorle con dentro la scorza d’arancia. Si rimette il tutto sul fuoco lento e si comincia a girare per circa 45-50 minuti questo impasto che si deve staccare dalla pentola, come una polenta. Si lavora nella pentola fino a quando il miele non si asciuga completamente e rende questo gateaux un composto che non unge.

Dopo aver spento il fuoco, si porta su un piano dove è stata stesa della carta da forno e si riversa sopra questo impasto croccante, che è un gateaux. Lo si copre con un altro foglio di carta forno e con un mattarello si livella a circa 8 mm. Si fa leggermente raffreddare e si comincia quindi a fare le forme. Personalmente non uso formine, ma li preparo di diverse forme: oltre ai classici cuori, anche a forma di ventaglio o di Sardegna. o anche uccellini o cavallucci marini: li ho preparati di tante forme diverse. Una volta tagliati si mettono da parte e inizia la produzione della pasta violada.

È possibile ‘vestire’ elegantemente questo dolce con le decorazioni; si possono colorare o lasciarli bianchi. Il tradizionale è bianco, ma io amo aggiungere una nota di colore a seconda dell’occasione: per i matrimoni solitamente li faccio bianchi e dorati, il Battesimo di un maschietto lo coloro di celeste e oro, sempre su sfondo bianco; oppure rosa se si tratta di una femminuccia».

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