Funtana Raminosa, tra le più famose miniere in Sardegna e i più ricchi giacimenti di rame in Europa, è una delle otto aree che compongono il parco geominerario della Sardegna, annoverato tra Geoparks dell’Unesco, un museo a cielo aperto e sotterraneo, visitabile su prenotazione, con macchinari funzionanti, all’epoca all’avanguardia e attualmente in ottimo stato di conservazione.

Il "pozzo di rame” si distende su una superficie di circa 150 chilometri quadrati e dista dieci chilometri da Gadoni, borgo di montagna immerso nella Barbagia di Belvì, di cui rappresenta storia, economia e identità.

La storia della miniera Funtana Raminosa

Sin dalla preistoria protagonista della metallurgia del Mediterraneo, dopo i nuragici l’area mineraria fu sfruttata da fenici e cartaginesi, poi dai romani. L’area fu frequentata forse anche dai saraceni, nell’VIII secolo, lo confermerebbe il nome del rio Saraxinus, affluente del Flumendosa, sulla cui riva sinistra, in una profonda e rigogliosa vallata, sorge lo stabilimento minerario.

Il primo ad avviare la ricerca per scavi e coltivazioni fu lo spagnolo Pietro Xinto, nel 1517. Le gallerie romane furono scoperte dagli esploratori di fine XIX secolo, mentre la “vera” attività industriale è di inizio XX secolo. La moderna “età del rame” ha visto protagoniste nel corso di quasi tutto il secolo, imprese spagnole, belghe, francesi, italiane e persino americane. Nel 1915 la concessione fu affidata a una società francese che fece cospicui investimenti per modernizzare i sistemi di estrazione e costruire una laveria meccanica, che entrò a regime nel 1920 con la sperimentazione del sistema di flottazione per trattare minerali misti.

Nel 1936, la miniera passò alla Società Anonima Funtana Raminosa, che favorì la nascita di un borgo minerario con scuola, ambulatorio, spaccio, la cappella dedicata a Santa Barbara. Negli anni Quaranta il complesso fu affidato alla “Cogne”, che realizzò una teleferica di un chilometro per trasportare il minerale fino a Taccu Zippiri, seguita da una seconda, nel 1956, che ottimizzò ulteriormente il trasporto. In quei tempi 300 operai lavoravano nello stabilimento, sino agli anni Sessanta, quando iniziò la crisi mineraria, con la chiusura di molti impianti, comprese le miniere di carbone della vicina Seui. Si tentò di tutto per salvare l’attività, fu realizzato persino un impianto di trattamento del minerale da mille tonnellate al giorno. Entrato in funzione nel 1982, lavorò appena otto mesi: Funtana Raminosa chiuse nel 1983. Un gruppo di 19 minatori occupò i pozzi, restando a 400 metri sottoterra per venti giorni. L’obiettivo era impedire la chiusura definitiva o in alternativa la riconversione degli impianti.

Le visite guidate in miniera

Visitare la miniera Funtana Raminosa è possibile, di solito è una delle tappe di Autunno in Barbagia a Gadoni. Oggi gli ex minatori sono guide alla scoperta degli impianti, dal 2020 aperti al pubblico.

Armati di caschetto, si possono ascoltare le loro testimonianze e osservare cantieri estrattivi con impianti di trattamento del minerale, parte delle 150 gallerie, scavi a cielo aperto, la laveria conservata così come lasciata nell’ultimo giorno di lavoro, la teleferica, piccoli convogli ferroviari, pale meccaniche, perforatori, una miriade di utensili, strumenti segnati dal tempo a ricordare il duro lavoro, frammenti di storia mineraria che si susseguono tra i cunicoli.

(Unioneonline)

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