Nella storia del calcio italiano anche lui si è ritagliato un posto.

Di sicuro il nome di Gigi Piras è inciso a caratteri cubitali nella Hall of fame del Cagliari nel post scudetto, a cavallo degli Anni Settanta e Ottanta, stagioni in cui ha fronteggiato i venti tempestosi di gestioni societarie poco oculate in campo e fuori, tra salvezze, retrocessioni e poche gioie.

Adesso che non è più giovanissimo si dedica ai nipoti, all’azienda di famiglia e alla politica: è consigliere comunale nella sua Selargius. Il bomber martedì scorso ha compiuto 65 anni.

Gigi Piras del Cagliari è stato tutto: tifoso, uomo spogliatoio, goleador e capitano.

L’ultimo a tenere alta la bandiera rossoblù quando, nella gestione di Fausto Moi, tutto - anche la gloria - sembrava destinato a finire al macero. Lo scudetto, ricordo all’epoca ancora recente, era ormai sbiadito.

E, racconta spesso agli amici più cari, se la squadra che retrocesse in C con cinque punti di penalizzazione non avesse centrato - eliminando Torino e Juventus - una storica qualificazione alla semifinale di Coppa Italia contro il Napoli, probabilmente il fallimento sarebbe stato inevitabile.

Diego Armando Maradona riportò al Sant’Elia, per l’ultima volta nella storia, oltre 50 mila spettatori in una sfida da circa un miliardo d’incasso.

Ossigeno per le casse e per gli strampalati bilanci societari dell’epoca.

Gigi Piras nel last match al Sant’Elia, assieme a Matteo Villa, altro ex capitano rossoblù (L'Unione Sarda - Piras)
Gigi Piras nel last match al Sant’Elia, assieme a Matteo Villa, altro ex capitano rossoblù (L'Unione Sarda - Piras)
Gigi Piras nel last match al Sant’Elia, assieme a Matteo Villa, altro ex capitano rossoblù (L'Unione Sarda - Piras)

Rievocare i gol del capitano che, con 320 presenze e 87 reti (132 presenze e 31 reti in Serie A e 188 presenze e 56 reti in Serie B) ha onorato la maglia dell’irraggiungibile Riva, fa ancora brillare gli occhi degli emigrati a Torino, Milano, Monza, Genova. Proprio a loro, Gigi Piras ha regalato l’ultimo diamante di una carriera che avrebbe potuto essere ancora più splendente.

Torino, stadio Comunale, anno 1987: quarti di finale di Coppa Italia.

"Eravamo praticamente retrocessi in serie C1, ma in Coppa avevamo fatto strada. Tra noi e la semifinale contro il Napoli di Maradona c’era di mezzo soltanto la Juventus", ha raccontato in un’intervista del 2003.

"All’andata, in un Sant’Elia gremito da cinquantamila spettatori, era finita uno a uno grazie a un gol del nostro terzino, Marco Marchi. Al ritorno, contro Tacconi, Boniek e Platini, ci davano per spacciati senza troppi giri di parole. Invece la Juve di Marchesi non ci mise paura. Andò in vantaggio, pareggiammo con Bergamaschi. Poi segnarono di nuovo loro e io, che quel giorno ero nero perché volevo esserci, perché non potevo perdere l’occasione di giocare un’ultima volta contro la Juve e perché Giagnoni preferì tenermi in panchina, non vedevo l’ora di tornare negli spogliatoi. A venti minuti dal termine della partita l’allenatore mi disse di scaldarmi: la gente, in curva, appena mi vide iniziare gli esercizi di riscaldamento, esplose un boato che diventò assordante al mio ingresso in campo. Quel giorno non potevo non segnare: toccai tre palloni, tirai una volta in porta. Ma bastò: quel tiro, sporco, ciabattato, rabbioso, mandò in visibilio i nostri tifosi, quasi diecimila. Ricordo la gioia che provai nel correre verso la curva dei sardi, l’esultanza spontanea, l’urlo liberatorio della gente che per una notte avevamo fatto sentire più forte dei campionissimi bianconeri. La mia carriera nel Cagliari, di fatto, finisce quel giorno".

In realtà, sempre quell’anno, qualche partita dopo, il 17 maggio, un suo gol al Genoa tenne la squadra virtualmente in corsa per la salvezza:

"Eravamo sotto di due gol in casa con i Grifoni", raccontò Piras. "Giagnoni si arrabbiò tantissimo perché la squadra non reagiva: lasciò la panchina tra lo stupore generale. Subito dopo segnò Valentini, poi pareggiai io. In C andammo lo stesso, ma con l’onore delle armi. Quell’anno eravamo partiti con cinque punti di penalizzazione per la presunta combine di Perugia, due stagioni prima. Un’annata storta, avrei voluto chiudere con un successo la mia esperienza in rossoblù".

L’ultimo gol di Gigi Piras con la maglia del Cagliari è datato 7 giugno 1987: Cagliari-Pisa 2-1, Serie B.

Evidentemente aveva un conto in sospeso con le toscane: la prima rete, all’esordio in Serie A, il 28 aprile del 1974, la segnò alla Fiorentina e fu decisiva per l’1-0 dei rossoblù. E lui, dopo il gol partita, se ne tornò a Selargius con l’autobus di linea, il “C rosso” dell’Act, l’azienda dei trasporti madre dell’attuale Ctm.

L’ultimo sigillo in A lo firmò ancora contro la Juventus, a Dino Zoff, nel famoso 1-2 dell’8 maggio del 1983.

Un’uscita da leone, però triste.

La settimana dopo, con il ko contro l’Ascoli di Mazzone, salutò la Serie A per sempre. Ponendo fine, di fatto, a una carriera che forse avrebbe potuto vivere altri momenti di gloria: in fondo i suoi assist hanno valorizzato le doti realizzative di calciatori come Pietro Paolo Virdis e Franco Selvaggi, poi finiti in squadre che lottavano per lo scudetto o per le Coppe europee. Lui, invece, ha preferito restare a casa, a prescindere dalla categoria. Da vero capitano.
© Riproduzione riservata