Un nuovo studio clinico per sottolineare l'importanza di software e digitale nella riduzione di errori di diagnostica e prescrizione in ambito medico.

Il lavoro di ricerca, pubblicato su "JAMA Network Open" e coordinato dall’Università Statale di Milano, è uno dei più grandi studi clinici randomizzati a livello internazionale, ed è stato finanziato dal Ministero della Salute e dalla Regione Lombardia.

I ricercatori si sono posti un duplice interrogativo: da una parte, se sia possibile incoraggiare i medici a riconsiderare le loro prescrizioni e decisioni, potenzialmente dannose, tramite un software che li orienti con alert e messaggi-guida; dall'altra se sia altrettanto valido implementare con successo un SSDC sviluppato in un altro contesto, in un paese e in un ambiente di cura differente, e nello specifico un ospedale dell'hinterland di Milano.

Lo studio, condotto all'Ospedale di Vimercate sotto la supervisione del professor Lorenzo Moja, dell'Università degli Studi di Milano, mostra una risposta affermativa ad entrambi i quesiti.

I medici che hanno utilizzato il SSDC hanno riportato un tasso significativamente più basso di errori di prescrizione e di diagnosi rispetto al gruppo di controllo, che non aveva accesso al supporto decisionale. Non tutti i potenziali errori che sono stati corretti hanno avuto esiti diretti sui pazienti, ma - come numerosi studi suggeriscono - le conseguenze di piccoli errori possono causare pesanti conseguenze per i pazienti, (incluso il decesso) e generare danni materiali e non, a carico della struttura ospedaliera.

“Alcuni di questi errori possono seriamente nuocere ai pazienti e, di conseguenza, anche ai medici che hanno in carico i pazienti e alla struttura ospedaliera - commenta Lorenzo Moja - ma non siamo ancora in grado di distinguere tra i messaggi rilevanti, capaci di prevenire conseguenze gravi o drammatiche, ed alert meno importanti. Per questo motivo gli SSDC sono strumenti dotati di grande potenziale, ma non ancora efficienti nel discriminare le informazioni ricevute. Avere troppe informazioni, in questo caso, equivale ad averne troppo poche.".

I ricercatori hanno utilizzato il sistema EBMEDS (Evidence Based Medicine Decision Support), sviluppato dalla Associazione dei Medici Finlandesi ed integrato da MEDILOGY alla cartella clinica elettronica ospedaliera locale. EBMEDS, testato per la prima volta nel 2003 negli ospedali finlandesi e evolutosi tanto da diventare uno strumento internazionale, è stato progettato per aiutare a tenere traccia delle decisioni mediche, come, ad esempio, prescrizioni di farmaci e test diagnostici. Questa tecnologia è attualmente impiegata in diversi ospedali, allo scopo di ridurre la variabilità delle cure, aumentare la sicurezza per i pazienti e migliorare l'efficacia clinica.

"In questa era digitale dobbiamo pensare a come supportare i medici nel loro lavoro", ha riferito il Dott. Hernan Polo Friz, responsabile del progetto all'Ospedale di Vimercate e supervisore dell'assistenza offerta ai pazienti di medicina interna ammessi allo studio. "Nell'ultimo decennio il carico di lavoro clinico è molto aumentato e, quando i medici sono stanchi, possono sbagliare più frequentemente. Le cartelle cliniche elettroniche hanno spianato la strada ad un nuovo approccio alla pratica clinica: i dati dei pazienti non raccontano solo lo stato di salute dei singoli individui; diventano un innesco di suggerimenti che agevolano le diagnosi dei medici e le decisioni in merito al trattamento".

Lo studio, conclude il professor Moja, servirà anche da modello per i futuri studi clinici randomizzati: "Altri ricercatori avvieranno nuovi casi di studio, utili a migliorare la precisione degli algoritmi per aiutare i medici a rispondere a quesiti clinicamente rilevanti".

(Unioneonline/v.l.)
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