Accusato di "tradimento" per aver firmato un accordo che "ancora non è stato firmato".

"Non è un'informativa ordinaria" quella che il premier tiene oggi sulla riforma del Mes, lo sottolinea lo stesso Giuseppe Conte all'inizio del suo discorso a Montecitorio. Accanto al presidente del Consiglio, il ministro dei Rapporti col Parlamento Federico D'Incà, quello dell'Economia Roberto Gualtieri e il titolare della Farnesina e leader M5S Luigi Di Maio.

"Questo mio passaggio - sottolinea Conte - assume un rilievo particolare. Da alcune settimane i massimi esponenti di alcune forze di opposizione hanno condotto una campagna mediatica insistita, accusandomi di comportamenti impropri e illegittimi nella trattativa con l'Ue, tali da essermi reso responsabile di alto tradimento. Si è persino adombrato che avrei tenuto questa condotta per biechi interessi personali".

Ma non è così, sottolinea il permier: "Chi è all'opposizione sta dando prova di scarsa cultura delle regole e mancanza di rispetto per le istituzioni. Mi sono sorpreso, se posso dirlo, non della condotta del senatore Salvini, la cui disinvoltura a restituire la verità e resistenza a studiare i dossier mi sono ben note, quanto del comportamento della deputata Meloni nel diffondere notizie palesemente false sul Mes".

E poi via con quelle che, a dire del premier, sono le menzogne dell'opposizione. "È stato detto che il Mes sarebbe già stato firmato, e per giunta di notte. Anche chi è all'opposizione ha compiti di responsabilità", rimarca, ricordando che la firma arrivera - nel caso - durante il Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre.

Ancora, l'elenco delle "palesi falsità" non finisce qui: "È stato detto che sarebbe prevista la confisca dei conti correnti dei risparmiatori e, più in generale, che tutti i nostri risparmi verrebbero posti a rischio. È stato detto che il Mes servirebbe a beneficiare le banche altrui e non le nostre".

"Se queste accuse fossero vere mi dovrei dimettere, se però non avessero fondamento, e anzi fosse dimostrato che chi le ha mosse era ben consapevole della loro falsità, avremmo la prova che chi ora è all'opposizione e si è candidato a governare il Paese con pieni poteri, sta dando nuovamente prova di scarsa cultura delle regole e della più assoluta mancanza di rispetto delle istituzioni", prosegue il premier in un'Aula infuocata, in cui più volte il Presidente Fico ha dovuto richiamari all'ordine i deputati. Su tutti i leghisti, soprattutto Borghi.

Accanto al premier i ministri Gualtieri e Di Maio (Ansa-Di Meo)
Accanto al premier i ministri Gualtieri e Di Maio (Ansa-Di Meo)
Accanto al premier i ministri Gualtieri e Di Maio (Ansa-Di Meo)

LE TAPPE DEL NEGOZIATO - Ripercorre gli step, Conte, per dimostrare di aver sempre condiviso con il Parlamento tutti i passaggi del negoziato.

"Il Parlamento è stato sempre e costantemente tenuto aggiornato", sottolinea. La Commissione Ue ha presentato a dicembre 2017 un pacchetto di proposte per il completamento dell'Unione Economica e Monetaria, tra queste c'era la proposta di riformulare il Mes.

"Nelle comunicazioni rese il 27 giugno (dopo il primo vertice europeo di Conte, ndr), benché tema centrale fosse quello dell'immigrazione, ho parlato anche della riforma del Mes, affermando: 'Non vogliamo un fondo monetario europeo che, lungi dall'operare con finalità perequative, finisca per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione con esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci'". Nel corso dei conseguenti dibattiti alla Camera e al Senato "ci furono anche diversi interventi sul tema", ricorda Conte.

"Alla luce del dibattito in Parlamento e delle risoluzioni approvate, in Europa mi sono speso per un rafforzamento del Fondo Salva Stati e per un'introduzione, tra le sue funzioni, di un sostegno comune (common backstop) al Fondo Risoluzione Unico".

Poi passa all'11 dicembre 2018: "Quel giorno ho nuovamente riferito alle Camere sugli sviluppi del negoziato. Nel dibattito in Senato nessuno ha affrontato la questione".

Ancora: "Il 19 marzo 2019 mi sono nuovamente soffermato sul tema, nel corso delle comunicazioni alle Camere in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo, mosso dalla consapevolezza di quanto fosse decisiva un'interlocuzione costante con il Parlamento. Neanche in quell'occasione risultano richieste di ulteriori approfondimenti".

Poi il 19 giugno: "Ho nuovamente affrontato il tema, anche perché un generale consenso sulla bozza era stato raggiunto il 13 giugno dai ministri dell'Economia dell'area euro".

"Posso dunque affermare - rivendica Conte - che, poco meno di un anno fa, l'Italia, da me rappresentata, si è espressa in sede europea in maniera perfettamente coerente con il mandato ricevuto da questo Parlamento. Su tali basi è stato dato l'incarico all'Eurogruppo di procedere alla predisposizione di una bozza di revisione del Trattato Mes".

"Il governo - dunque - ha rispettato la lettera e la sostanza della risoluzione votata dal Parlamento lo scorso giugno".

E non finisce qui: "Nel Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2019 - ricorda Conte - è stata presentata e illustrata nel dettaglio la 'Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Ue', in cui si parlava anche del Mes. Nessuno dei ministri presenti, compresi quelli della Lega, ha mosso obiezioni sul punto e, in particolare, sulla relazione da presentare alle Camere".

Conte cita anche un "grazie" che gli rivolse in Senato, dopo l'informativa sul Mes, il leghista Bagnai (plenipotenziario, assieme a Borghi, del Carroccio in materia di economia e fervente euroscettico).

Tra gli applausi del Pd e l'imbarazzo dei leghisti, letteralmente immobili.

La stretta di mano tra premier e titolare del Mef (Ansa-Di Meo)
La stretta di mano tra premier e titolare del Mef (Ansa-Di Meo)
La stretta di mano tra premier e titolare del Mef (Ansa-Di Meo)

LA REPLICA DI SALVINI - Altrettanto infuocato il dibattito in Senato, dove - dopo l'informativa di Conte - è partito l'attacco diretto dell'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini: "Noi ci aspettiamo, gli italiani si aspettano, risposte dal premier, risposte, soluzioni, non insulti", ha esordito nel suo intervento. E poi: "Non rispondo agli insulti, rispondo con il lavoro. Mi dispiace per lei perché chi vive di insulti vive male".

Poi agli altri senatori: "Guardate chi sta mettendo a rischio i risparmi degli italiani, è seduto lì - ha aggiunto, indicando Conte -. Qualcuno non la racconta giusta, a occhio sono quelli che non ti guardano in faccia, sono quelli che vanno dagli operai a dirgli che non hanno soluzioni. Ci sono in ballo le fatiche e i risparmi di milioni di italiani".

"State riducendo l'Europa a un centro commerciale dove guadagna chi ha già. La ristrutturazione del debito pubblico vuol dire che viene taciuto un intervento nottetempo sui conti correnti degli italiani. Porteranno via i risparmi degli italiani per ristrutturare il debito delle banche tedesche".

L'intervento di Salvini (Ansa - Frustaci)
L'intervento di Salvini (Ansa - Frustaci)
L'intervento di Salvini (Ansa - Frustaci)

"Invito i leghisti a non chiamarlo più 'fondo salva Stati', è un fondo taglia Stati, semmai salva banche perché si usano i soldi dei paesi in difficoltà per salvare le banche dei paesi che non sono in difficoltà. Se avremo bisogno noi di essere aiutati dovremo invece chiedere il permesso e tagliare, tagliare e tagliare", aggiunge Salvini. "Signor Conte - conclude - non le permetteremo di riportare la tassa patrimoniale a spese dei cittadini italiani".

Poi l'anatema finale: "Pare che in Umbria il giudizio su di lei l'abbiano già dato, ora aspettiamo quello delle altre Regioni e poi di 60 milioni di italiani". E un: "Parentesi... Si vergogni".

Parole che hanno scatenato tensioni in Aula, con le proteste dei capigruppo del Pd, Andrea Marcucci, e del Misto, Loredana De Petris, e i senatori della Lega che sono tornati a esporre i cartelli "Conte Pinocchio", tanto da costringere la presidente Elisabetta Casellati a sospendere la seduta.

(Unioneonline/L-D)
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