L'uso di telecamere nascoste sul posto di lavoro non rappresenta una violazione del rispetto della vita privata e famigliare del lavoratore né del diritto ad un giusto processo.

Sono i contenuti della sentenza pronunciata oggi all'unanimità dalla Corte Europea dei Diritti dell'uomo con riferimento a un caso di dipendenti di un supermercato sospettati di furto e licenziati in seguito ai controlli.

Una deliberazione che ha fatto molto discutere, con un ampio dibattito che si è acceso, anche in rete, sull'opportunità o meno di questo tipo di sorveglianza, giudicata da molti lesiva della privacy.

IL GARANTE - "La sentenza della Grande Camera della Corte di Strasburgo - ha voluto chiarire il garante della Privacy, Antonello Soro - se da una parte giustifica, nel caso di specie, le telecamere nascoste, dall'altra conferma però il principio di proporzionalità come requisito essenziale di legittimazione dei controlli in ambito lavorativo".

"L'installazione di telecamere nascoste sul luogo di lavoro - prosegue quindi Soro - è stata infatti ritenuta ammissibile dalla Corte solo perché, nel caso che le era stato sottoposto, ricorrevano determinati presupposti: vi erano fondati e ragionevoli sospetti di furti commessi dai lavoratori ai danni del patrimonio aziendale, l'area oggetto di ripresa (peraltro aperta al pubblico) era alquanto circoscritta, le videocamere erano state in funzione per un periodo temporale limitato, non era possibile ricorrere a mezzi alternativi e le immagini captate erano state utilizzate soltanto a fini di prova dei furti commessi".

"La videosorveglianza occulta è, dunque, ammessa solo in quanto extrema ratio - spiega ancora Soro -, a fronte di "gravi illeciti" e con modalità spazio-temporali tali da limitare al massimo l'incidenza del controllo sul lavoratore. Non può dunque diventare una prassi ordinaria".

(Unioneonline/v.l.)
© Riproduzione riservata