L'incubo è iniziato a maggio, quando ha incontrato il finto santone, il 41enne Alessandro Ambu, figlio di un'amica di preghiera che si era presentato col nome di Giorgio. «Io vedo i cavalli neri che annunciano la tua morte», le diceva lui. E lei, Marina T., quartuccese, ci ha creduto. Terrorizzata, ha dato retta a quell'uomo che, almeno stando agli inquirenti, come unico scopo aveva quello di spillarle più soldi possibili. «Ho iniziato a frequentare la casa di quella che credevo fosse una mia amica a maggio per recitare il rosario - racconta la vittima del raggiro -. Mai avrei potuto immaginare il suo doppio gioco, le ho fatto tante confidenze».

L'incontro

Confidenze che il figlio dell'amica sa bene come sfruttare. «Un giorno arrivò una telefonata a interrompere la recita del rosario - racconta Marina -, dall'altra parte c'era Giorgio che stranamente conosceva le mie preoccupazioni e la mia sofferenza. Dopo i complimenti mi ha subito detto che avevo una fattura e che me l'avrebbe tolta». Marina ha un passato segnato dal dolore, che traspare dai suoi occhi castani e lucidi. Il primo marito è morto di incidente stradale, il secondo, invece, di cancro. E ha cresciuto i suoi due figli da sola. «Sono credente, ma sono andata avanti convinta dentro di me che fosse l'unico modo per uscire da questa situazione. Nella mia testa avevo delle fatture di morte e dovevo fare delle protezioni per proteggere me stessa e i miei familiari».

Il dolore

Mentre parla le lacrime le rigano il volto. È consapevole di essere caduta in un tranello e ha voglia di raccontare tutto. Si ferma, pensa, guarda verso l'alto: sente il bisogno di liberarsi. «Prima mi ha parlato di una fattura sulla mia vita, a giugno mi ha detto che Emanuele, il mio secondo figlio, avrebbe avuto un incidente mortale. Io mi sono sentita crollare il mondo addosso e in quel momento la paura si è impossessata di me. Mi ha chiesto 1300 euro per salvare mio figlio. Ho chiesto i soldi a mia sorella senza svelarle il motivo».

Il raggiro

Approfittando della fragilità di Marina, ogni settimana arrivava la richiesta di denaro, prima 300 euro, poi 1300 e infine cifre sempre più esorbitanti. Marina ha iniziato a chiedere prestiti ai familiari, alla sorella e al figlio disoccupato, poi, disperata, si è rivolta alle banche, dove ha aperto tre finanziarie. «A lui i soldi non bastavano più, ero assuefatta e intimorita, sapeva che avrei fatto di tutto per salvare la mia famiglia. Diceva di vedere la mia nipotina di 18 mesi volare in cielo. Dentro di me cresceva la paura di essere io la causa dei loro mali se non avessi seguito quello che diceva lui. Quando ho detto di non poter più sostenere questa richiesta di soldi, sono stata minacciata di essere ridotta in polvere».

Debiti e paura

Marina si è ritrovata a dover rinunciare anche alle piccole cose, come la parrucchiera o il caffè al bar. La notte non dormiva, il suo pensiero erano «i cavalli neri». «Mi ha detto che sarei morta e io ho smesso di vivere. Non mangiavo, mi sentivo sempre triste, passavo le notti a pensare alla morte. Lui voleva solo i soldi. È arrivato a dirmi che il mio compagno sarebbe morto in bicicletta: per salvarlo mi ha chiesto 5mila euro, che gli ho dato subito, poi me ne ha chiesto altri 6mila, ma non li avevo». La liberazione quando il figlio e la nuora l'hanno convinta a confidarsi. «Alla fine ho detto la verità. Avevo paura ci fosse un giro molto più grande, ero terrorizzata, sono entrata in un vortice dal quale non ero più in grado di uscire da sola. Se non fosse intervenuta la polizia ero pronta a dargli gli altri soldi».

La liberazione

Marina ora si sente una donna più forte, ferita ma libera: «Il mio incubo è finito, grazie alla polizia e a mio figlio. Mi sono tolta un macigno, anche se per metabolizzare avrò bisogno di aiuto. Ho passato un'estate di disperazione e terrore. Nessuno deve subire quello che ho passato io. Abbiate il coraggio di confidarvi e denunciare questi mascalzoni che approfittano delle debolezze altrui».

Francesca Melis
© Riproduzione riservata