Dal 2005 al 2017 un porto italiano su sette è stato oggetto degli interessi della criminalità organizzata, quasi uno su due se si prendono in considerazione i porti di rilevanza nazionale. Un fenomeno che ha investito tutto il Paese, da Nord a Sud. Così una ricerca pubblicata su lavialibera.it, il sito della rivista di Libera e Gruppo Abele.

Secondo quanto emerge dalla ricerca, sui 351 porti presenti in Italia, ben 50 (circa il 14% del totale) sono stati oggetto di una qualche proiezione di gruppi criminali. Alcuni scali sembrano essere particolarmente esposti e la 'ndrangheta riveste un ruolo da protagonista. I porti di Ancona, Cagliari, Genova e Gioia Tauro sono presenti in tutte le relazioni della Direzione nazionale antimafia analizzate. Anche quelli di Salerno e Taranto compaiono quasi sempre (in 11 relazioni), così come Livorno, Napoli, Olbia e Trieste, presenti in 10 report.

I porti, evidenzia il rapporto, sono uno spazio dove la criminalità organizzata può trovare occasione di sviluppo in diversi ambiti.

La Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo da tempo segnala la presenza negli scali italiani ed europei di gruppi criminali che svolgono attività sia nell'economia legale, sia nei mercati illeciti, in particolare nel traffico di stupefacenti. In questa partita giocano un ruolo rilevante le mafie, ma non sono gli unici attori coinvolti, dato che, soprattutto per i traffici illegali, spesso è necessario il contributo di più soggetti: chi produce, chi imbarca, chi si occupa del trasferimento, chi recupera il carico, chi lo fa uscire dall'area portuale e chi si occupa della distribuzione.

I porti, dunque, per lo studio, "rappresentano un'opportunità unica per i gruppi criminali di ottenere profitti e rafforzare i legami di collusione sia a livello locale, sia a livello internazionale". (Unioneonline/F)
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