l nome è in codice: Scala Erre. Scala, come tutto in salita, erre come rifiuti. Tanti rifiuti. Il toponimo dell'immensa discarica del centro nord Sardegna coincide con Canaglia, frazione a nord ovest del Comune di Sassari. Per il business dei fanghi fognari pugliesi quel suolo lunare, storicamente deturpato e disseminato da cave d'argilla, doveva essere la scala reale di un affare sconfinato di milioni di euro conquistati a suon di tonnellate di rifiuti provenienti da ogni dove. Da qualche giorno la strada dell'affare del secolo, milioni di euro pronta cassa per smaltire fogne altrui, si è interrotta bruscamente. L'operazione congegnata sulla tavola rotonda della spartizione dei rifiuti ha subito una frenata tutta giudiziaria. Lo scacchiere delle discariche e degli intermediari, che stavano trasformando la Sardegna in una grande cloaca della Puglia e non solo, si è trovato in un attimo spalle al muro. La partita è tutta nelle aule giudiziarie. Un intreccio amministrativo e penale che rischia di sconquassare per sempre un sistema storicamente consolidato nella gestione dei rifiuti, speciali, pericolosi e non solo. Gli atti che emergono sono un elettrochoc per l'intero castello affaristico costruito negli ultimi anni nell'importazione dei rifiuti da nord a sud dell'Isola. L'intera Sardegna, da Olbia a Sassari, da Magomadas a Carbonia, da Serdiana alle centrali a biomassa è sotto attacco.

Provincia & Procura

Quello che appariva un insieme di episodi territoriali, in poco tempo, si sta trasformando in qualcosa di molto più rilevante. E a mettere in fila fatti e reati ci ha pensato la Provincia di Sassari. La notizia è di quelle destinate a mettere in subbuglio tutta l'organizzazione dei rifiuti. Una vera e propria guerra frontale tra le istituzioni e i benefattori dei carichi fognari dal peso d'oro. Se i dirigenti dell'ente intermedio in queste ore abbiano varcato l'uscio della porta del procuratore capo del Tribunale di Sassari è ancora notizia riservata ma è certo che radio Procura li ritiene prossimi a raccontare nel dettaglio quanto sta accadendo nel tema delicatissimo dei rifiuti. La segnalazione del dirigente della Provincia di Sassari è dettagliata come non mai. La relazione, con tanto di ipotesi di reato ben circoscritta, è già sulle scrivanie della Guardia di finanza con tanto di dettagliato rilievo penale. Le carte sono esplosive e il dirigente della Provincia di Sassari, Antonio Zara, responsabile del settore 5, programmazione, ambiente e agricoltura nord- ovest e servizi tecnologici non è andato giù per il sottile. Le comunicazioni alla Procura e alle Fiamme gialle sono ancora coperte da segreto istruttorio ma si conosce un numero, quello dell'articolo del codice penale richiamato nell'ipotesi di reato che la Provincia ha messo nero su bianco. Il numeretto è scritto in grassetto: l'art. 452 quaterdecies del Codice Penale. Il titolo del reato ipotizzato è esplicito: attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Un faldone carico di documenti, un fascicolo con non meno di 1300 fogli di viaggio, una colonna di camion carichi di residui fognari provenienti, via mare e via gomma, dalla Puglia. La segnalazione della provincia mette sotto accusa 700 certificati, rendendo sistematica la reiterazione del reato ipotizzato. E poi ci sono i quantitativi di reflui fognari riversati tutti nella discarica Scala Erre a Sassari. I report parlano di 30.000 tonnellate di melma putrida e fognaria provenienti direttamente dai depuratori della Puglia. La disposizione normativa richiamata va dritta al sodo: chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.

Chi inquina paga e ripristina

Un carico penale incrementato da una caterva di pene accessorie e soprattutto da un dispositivo finale dell'articolo che non lascia scampo a chi venisse ritenuto responsabile dell'eventuale danno: il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente. Chi inquina paga e ripristina. Non è un caso che la Provincia stia mettendo tutto nero su bianco ben consapevole che la partita è delicata, proprio sul piano penale. A scatenare la guerra più cruenta non è solo la vicenda penale. Sullo sfondo, in queste ultime giornate, ci sono i ricorsi al Tar contro la diffida della Provincia che blocca il traffico di rifiuti dalla Puglia. Ne riportiamo lo stralcio fondamentale: si diffida il legale rappresentante della discarica Scala Erre dal ricevere «rifiuti di provenienza extra insulare» e pertanto a limitare i conferimenti in discarica esclusivamente a quanto autorizzato dall'autorizzazione integrata ambientale che prevedeva solo quelli provenienti dal territorio regionale. L'atto di diffida dell'ente intermedio è un fossato profondo tutto intorno al grande bacino del nord Sardegna, nato per accogliere i rifiuti di produzione locale e che rischia, invece, di essere consumato anzitempo proprio con la valanga fognaria proveniente dalla Puglia. Un danno non solo ambientale ma anche economico. Ogni singolo cittadino dell'area del nord dell'isola si vedrà, di fatto, lievitare il costo di smaltimento dei rifiuti costretti a raggiungere altre aree, incrementando le bollette con nuovi e rilevanti costi di trasporto. I cittadini di Sassari e non solo finiranno per pagare molto di più proprio perché la discarica di Scala Erre sarà tra poco esaurita grazie ai fanghi fognari che l'hanno riempita senza tregua in pochi anni.

Venti di guerra

Ora sulle azioni della Regione e della Provincia di Sassari per fermare i rifiuti provenienti dalle altre regioni spirano venti di guerra. Senza esclusione di colpi. Se nel sud dell'Isola ad impugnare il diniego della Regione sono i colossi dei rifiuti, Ecoserdiana e la socia Riverso, nel nord a scendere in campo per primi sono direttamente gli intermediari dei fanghi pugliesi in terra sarda, coloro che con il mandato del dirimpettaio di Bari, si portano a casa una valanga di denari in cambio di una intermediazione tutta da scoprire.

Non è ben chiaro cosa facciano questi intermediari, sino a qualche tempo fa sconosciuti ai più, di certo si fanno pagare lautamente. A dirlo non è un'indiscrezione giornalistica, ma gli atti. Il ricorso della Domus srl, la società a conduzione familiare che gestisce questo sbarco in Sardegna delle fogne pugliesi, in discussione il 5 agosto prossimo nella seconda sezione del Tribunale amministrativo di Cagliari, è un capolavoro di pretese. E di ammissioni. Per la prima volta in questo mare magnum fognario emerge in chiaro tutto il business di questa torta infinita di melma putrida in arrivo da ogni angolo della Puglia e che ha già portato alla chiusura con tanto di sequestro penale dell'impianto di Magomadas.

Il ricorso della Domus srl parte con un attacco frontale proprio alla Siged, la società che gestisce Scala Erre. Gli avvocati della famiglia di Raffaele Patteri, patron della società intermediaria, lanciano vere e proprie accuse alla gestione della discarica che sino a qualche settimana fa accoglieva l'oro pugliese. Impugnamo noi la diffida - scrivono gli avvocati - perchè la Siged ha ritenuto di non proporre ricorso per ragioni discrezionali, non note. Ragioni che Domus - è scritto nell'atto - ipotizza di ricondurre al fatto che gli unici rifiuti extra insulari che Siged smaltisce siano proprio quelli provenienti dall'acquedotto pugliese. Ma i legali aggiungono in forma esplicita: forse la Siged non vuole compromettere i rapporti con la Provincia. Una frase sibillina, messa nero su bianco su un atto giudiziario, che apre un versante inedito in tutta la vicenda.

Ecco i guadagni degli intermediari

E infine ci sono i guadagni. Gli intermediari della Domus srl., svelano nel segreto giudiziario i dati dell'operazione. Come avevamo già anticipato nei giorni scorsi i Patteri hanno stipulato un accordo con un'intermediaria pugliese, la Emmegi Ecologia di Bari. In gioco ci sono 50.000 tonnellate all'anno di fogne fattesi fango. La Domus si è impegnata a portarne solo a Sassari la bellezza di 480 tonnellate a settimana. Duemila al mese, 24 mila all'anno. I pugliesi per smaltire la propria fogna pagano ogni tonnellata 144 euro, Scala Erre se ne metteva in tasca 54, mentre la società dell'ingegner Patteri, per fare da tramite nell'operazione, incassava 39 euro a tonnellata. Il resto alla società campana di trasporti. Un'operazione che se portata a compimento porterebbe nelle tasche di Domus non meno di un milione di euro, senza considerare i quantitativi destinati a Magomadas, anche quelli naufragati davanti al sequestro penale degli impianti. Dalla data di stipula dell'accordo ad oggi Domus si è fatta pagare dall'intermediaria pugliese 2 milioni e 841 mila euro e Siged ne ha incassato un milione e 164 mila. Per i danni subiti chiedono 70 mila euro al mese. Cifre stratosferiche in cambio di carichi fognari spediti in Sardegna per riempire le discariche sarde e le tasche di pochi eletti. Scala reale per adesso, però, è solo due di picche.

Mauro Pili

(giornalista)

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