Altamura, Puglia, 1687 chilometri da Magomadas, Planargia, terra di Sardegna. In questo tacco estremo dello Stivale, punta avanzata dell'Italia nell'Adriatico, i depuratori non funzionano da tempo. Le fogne dell'Alta Murgia, di Bisceglie, Bari, Barletta, Martina Franca sino a Taranto, producono fanghi fuorilegge. Nessuno li vuole, li prende solo la Sardegna. Fanghi nauseabondi, putridi come pochi, carichi di ogni agente patogeno e soprattutto di metalli pesanti, quelli della peggior specie. Le Procure pugliesi hanno fatto tabula rasa. Il verdetto di indagini chiuse e ancora in corso non lasciano margini di manovra. La società idrica pugliese è costretta a mettere tutto nero su bianco: impossibilità di garantire il corretto allontanamento dei fanghi prodotti dai depuratori dell'intera regione. Nel dispositivo d'emergenza scrivono di tutto e di più: blocco assoluto del riuso di quei fanghi nei terreni agricoli prodotti dagli impianti ricadenti nella provincia di Lecce, Taranto, Brindisi, Bari e Bat. E infine l'epitaffio più esplicito: assenza nella regione Puglia di siti di compostaggio/recupero sufficienti a soddisfare la necessità di conferimento finale dei fanghi fognari prodotti. La sintesi è disarmante: l'intera produzione fognaria, per intenderci gli scarichi dei wc, i cessi nello slang più esplicito, di una regione di quattro milioni di cittadini non hanno una meta. O meglio l'avevano ma le Procure hanno messo tutto sotto sequestro, non ieri, ma ben 5 anni fa. Era il 20 marzo del 2015 quando l'impianto pubblico di compostaggio dell'Aseco veniva sottoposto a sequestro giudiziario, stessa fine per altri due impianti sequestrati senza colpo ferire dalla magistratura.

Fanghi fognari vietati

Il sospetto è pesante: i fanghi di depurazione prodotti dagli impianti dell'Acquedotto Pugliese sono rifiuti speciali e non possono in alcun modo essere destinati allo spandimento nei terreni agricoli. La Direzione distrettuale antimafia di Lecce ha chiuso le indagini e adesso in molti rischiano il processo. Per i consulenti della pm Elsa Valeria Mignone, che ha operato con il Noe di Taranto, quei fanghi trattati non sarebbero compost, ma rifiuti. Per gli inquirenti quei fanghi fognari non arrivano solo dalle case pugliesi ma, lungo il percorso, gli scarichi abusivi aggiungono alla fogna civile i "reflui aventi origine industriale ed artigianale". Per l'accusa, il processo di compostaggio genera un fango "non conforme alla normativa per l'elevato contenuto di idrocarburi totali". A due passi dalla Puglia ci sono la Calabria, il Lazio, il Molise, l'Abruzzo, le Marche. Con un piccolo trasbordo via mare anche la Sicilia è ad un tiro di schioppo. Lungo la retta via dell'autostrada del sole si può persino arrivare al nord Italia. E, invece, niente. Il punto di arrivo di cotanta fogna altrui è la Sardegna. Un vortice senza limiti che va avanti da anni, riempendo discariche da nord a sud dell'Isola, destinate al solo uso regionale, mandando in tilt il sistema dei rifiuti in Sardegna per far spazio al concentrato fognario della Puglia e non solo. Quella che vi raccontiamo è una storia surreale, di una terra carica di profumi antichi e unici dilaniata come non mai da un'aggressione ambientale senza precedenti. Documenti inquietanti sulla gestione di una partita milionaria giocata tra la Puglia e la Sardegna, con tanto di intermediari in terra pugliese e, ancor peggio, in terra sarda. I diari di bordo di questo viaggio infinito della melma fognaria pugliese verso la Sardegna sono per gli inquirenti molto più che ipotesi di reato.

La prova regina

Il documento che riproduciamo è l'allegato 3/A di uno dei tanti sequestri da parte degli inquirenti. Una prova regina, reiterata e schiacciante, di quanto è accaduto sulla rotta dei rifiuti dall'Italia verso la Sardegna. E' ora di pranzo anche in Puglia. Sono le tredici del 30 settembre. Annata 2019. Da Altamura e dintorni un camion di dimensioni rilevanti mette in moto. E' già carico. A bordo, racconta il formulario dei rifiuti, c'è un carico di fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane, tradotto fanghi fognari. Il mittente è l'Acquedotto Pugliese. I codici del trasporto sono tutti racchiusi nel documento di viaggio: Fir 0874090/14. Per nessuna ragione al mondo quel foglietto deve separarsi da quel carico. Meta prestabilita Sardegna, Magomadas, terra di profumi e malvasia. Il traghetto più vicino, dopo un lungo viaggio su strada, è a Civitavecchia. Qualcosa, però, accade. Quel camion sparisce dai radar. Per 18 giorni non si sa dove finisca, nonostante le norme siano più che chiare: massimo 48 ore per la consegna del carico. Il mezzo ricompare alle otto del mattino del 18 ottobre al porto commerciale di Cagliari. Diciotto giorni dopo la sua partenza da Altamura. Se ne accorgono gli operatori del carico e scarico della darsena. Il tanfo ha il fragore di una bomba a mano lanciata nell'olfatto portuale. Il camion carico di parfum de fogna lascia via Roma, nella capitale dell'Isola, poco dopo le 8.30. Direzione Magomadas. Anche in questo caso non tutto va liscio. Il camion si presenterà alla soglia dell'impianto della Geco, a 158 metri dal centro abitato della Planargia, alle 13 e 08, come vuole la precisione del documento di accompagnamento che, nel frattempo, però, è andato perso. Sparito nel nulla. Il conducente del camion dispone solo di una denuncia di smarrimento del foglio di viaggio, presentata la mattina precedente nella stazione dei carabinieri di Uta, quando il camion, in teoria, non era nemmeno partito da Civitavecchia.

Il giallo del fango che lievita

Il giallo del viaggio è inquietante quando le ruote motrici si posano sulla pesa dell'impianto della Planargia. La lancetta della bilancia segna 36.400 chilogrammi. Peccato che nel foglio di viaggio, inviato via fax durante la verifica dell'Arpas, ci sia un dato che apre uno scenario che lascia interdetti gli ispettori e gli inquirenti. Il mezzo di trasporto in partenza aveva registrato un carico di 28.000 chilogrammi. Dalla partenza all'arrivo il carico fognario si è moltiplicato. La lievitazione, inspiegabile e fuori legge, ha portato ad incrementare il peso di ben 8.400 chilogrammi. Una montagna di melma fognaria che si è aggiunta lungo il percorso. Impossibile pensare ad un errore. Ne sapranno qualcosa di più nei prossimi giorni i protagonisti dei viaggi fognari dalla Puglia verso la discarica Scala Erre di Sassari. Ben 700 formulari di trasporto, su 1613 acquisiti dagli organi di controllo, sono irregolari. La sanzione, già calcolata, potrebbe essere una botta da 6 milioni di euro da dividersi in parti uguali tra il produttore, l'Acquedotto Pugliese, il trasportatore e la discarica ricevente. Un colpo durissimo all'organizzazione che ha trasformato la Sardegna nel collettore fognario della Puglia con tanto di guadagni milionari. E la partita degli affari ruota intorno a veri e propri agenti speciali per questa «operazione cloaca». I nomi sono scritti nel foglio di viaggio che pubblichiamo. Come se pugliesi e sardi non parlassero la stessa lingua l'operazione viene seguita da intermediari, uno a Bari e uno a Sassari.

Il termine «intermediario» non è una licenza giornalistica, è riportato tale e quale nei documenti. A gestire l'affare sardo-pugliese è la Domus srl, della famiglia di Raffaele Patteri. Sono loro che intrattengono i rapporti con la Emmegi Ecologia, la società intermediaria dislocata al numero 18 di via Calefatti a Bari. E' la compagine delle due società a distribuire le fogne concentrate dei pugliesi, trasformate in bombe odorigene, una volta nella discarica di Scala erre a Sassari, una volta nell'impianto di Magomadas. Prima ancora quei fanghi avevano solcato il Tirreno verso Cala Saccaia, il porto industriale di Olbia, per essere scaricati a Murta Maria, nella discarica dello Spirito Santo.

Cittadini e Procure

Cittadini della frazione e Procura di Tempio hanno fatto il resto. Discarica vietata. La rotta si è poi spostata verso il piccolo comune della Planargia. Anche lì non è andata meglio, cittadini in rivolta e impianto posto sotto sequestro. La Procura di Oristano ha lavorato in silenzio, ma alla fine ha colpito pesantemente. In ballo ci sono decine di migliaia di metri cubi di fanghi fognari pugliesi finiti chissà dove e che, secondo quanto ha scritto l'Arpas nei tanti verbali di contestazione, non potevano essere in alcun modo trasformati in ammendante agricolo. Ed ora il caso Sassari che rischia di esplodere in maniera ancora più dirompente. Le quantità di fanghi fognari scaricati nel gigante di Scala Erre sono ciclopiche e anche in questo caso le violazioni sembrano essere scritte nero su bianco. Secondo i fogli di viaggio, i camion dalla Puglia alla periferia di Sassari hanno impiegato anche 40/50 giorni, con differenze rilevanti tra il peso in partenza e quello in arrivo. Carichi lievitati anche di dieci tonnellate. Nella rotta dei fanghi fognari tra la Puglia e la Sardegna si cela una fitta rete di rapporti privati e professionali, di intermediari e società. Ora le Procure di mezza Sardegna hanno deciso di accendere i riflettori. Inchieste che si sa dove iniziano ma non dove finiscono, proprio come i fanghi di Altamura.

Mauro Pili

(giornalista)

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