«Chiamami clochard, oppure barbone. Chiamami come preferisci». Che importa, poi, il termine esatto.

Lui è Walter Pistis, ha una bella barba che vira al bianco e suggerisce un'età non più giovanissima. «Sono del 1967. Troppi anni li ho passati in strada». Con intervalli piuttosto lunghi dietro le sbarre di un carcere o come ospite dei manicomi criminali in giro per la penisola. «Ho commesso un grosso guaio quando avevo soltanto 17 anni. Arrestato». È solo l'inizio di un lungo, interminabile peregrinare da un carcere all'altro, da un manicomio criminale all'altro.

La dimora

Walter la sua nuova casa se l'è inventata in un angolo del palazzo municipale di via Sonnino. Un letto, un comodino, tante scatole e valigie per conservare e proteggere abiti e oggetti cari. E poi i libri. Molti libri. Scherza. Ma neppure tanto: «Sono un freudiano. Amo leggere». Anche la notte, con la luce della piccola torcia puntata sulle pagine, finché il sonno prende il sopravvento e concede almeno qualche ora di riposo. «Non sono un clochard volontario, me l'ha imposto la vita che ha scelto per me», avverte. Esistenza difficile. Impegnativa. Senza fissa dimora, visto che la casa di via Sonnino è solo l'ultima di una serie di alloggi inventati da Walter Pistis. «Ho dormito dappertutto: Parco delle Foibe, Tribunale dei minori, palazzo Cariplo sia ai piani alti che giù, nell'ex asilo di via Quesada, anche in due auto». Vita vagabonda ma dignitosa. «Mi tengo pulito, non ammetto la sporcizia. Vado a lavarmi all'ospedale civile, faccio un salto da una vecchia zia, spesso alla Caritas. Mi aiutano la Croce Rossa, i City Angels, anche semplici persone. D'altra parte non ho vizi. Qualche sigaretta, una birra di tanto in tanto. Non faccio certo uso di droghe».

La convivenza

Non è solo, sotto il palazzo comunale, Walter Pistis. Poco lontano dalla sua postazione altri barboni trascorrono la loro esistenza di senzatetto. Sono soltanto tre dei circa cento clochard cagliaritani . «Ho una pensione di 299 euro. Anzi ho visto che ora mi danno 233 euro. Il motivo del taglio vallo a capire. Se davvero riuscirò ad ottenere il reddito di cittadinanza e i settecento euro al mese mi cercherò una stanza. Lotterò anche contro la claustrofobia ma ce la farò. E sarò contento. Magari riuscirò a curarmi l'ulcera, l'ernia epigastrica, il tumore alla schiena. Sono un testardo, non mollo. Questa è la mia città e voglio godermela ancora per tanto tempo. Magari stando meglio, magari con qualche affetto in più. Tra noi barboni ci aiutiamo quando possiamo, anche se non sempre questo avviene. Non ammetto i furti, questi no, soprattutto quando ti portano via i documenti, i pochi soldi, anche gli oggetti che per altri sono inutili ma per me importanti. Sono cattolico, vado a messa, so perdonare. Chiedo però di essere rispettato».

Gli invisibili

Via Sonnino come via Roma, come via Dante. Come tante altre strade della città "abitate" dagli invisibili, da uomini e donne dimenticati. Come Walter, il clochard freudiano che ama i libri e il cinema.

A. Pi.

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