Anno 1277: Roma non è più la capitale di un impero e non è ancora la città dello splendore artistico rinascimentale. È però il cuore pulsante della cristianità e la sede del papato, la suprema autorità dell'Occidente europeo in un momento in cui l’impero è in declino, dopo la morte di Federico II e la sconfitta della sua fazione. Per questo controllare Roma e il trono di Pietro è l’ambizione di molti. E per questo il conclave per eleggere il successore di Giovanni XXI è riunito da oramai sei mesi e la lotta tra le famiglie romane per scegliere il nuovo pontefice è senza quartiere.

Con un'abile strategia la potente famiglia degli Orsini riesce a far salire sul trono di Pietro un suo esponente e il nuovo papa, Niccolò III, mostra subito di avere grandi ambizioni. Vuole, prima di tutto, arginare il potere di Carlo d’Angiò, re francese di Napoli e protagonista della vittoria contro gli antichi sostenitori di Federico II, così da consolidare maggiormente l’autorità del papato. Nello stesso tempo il papa mira a fare della sua dinastia il perno della politica della Chiesa, un perno destinato nelle intenzioni del pontefice a non essere scalzato neppure dopo la fine del suo pontificato.

La copertina del libro
La copertina del libro
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Progetti grandiosi quelli di Niccolò III, che costringeranno tutti i membri della dinastia a rinunciare alle loro ambizioni personali e ai loro desideri in nome di un obiettivo comune. Progetti ambiziosi che provocheranno, però, la reazione non solo del potente Carlo d’Angiò, ma di tutte le famiglie romane non disposte ad accettare il predominio dei familiari del papa. Stretti da tanti nemici, gli Orsini scopriranno che nella lotta per il potere non basta essere lupi violenti e famelici, ma servono doti come l’astuzia, la saggezza e soprattutto la capacità di mediare e cercare il dialogo anche con i nemici più acerrimi.

Romanzo storico nel vero senso della parola, dato che al suo interno la fantasia mantiene il giusto rispetto per rigore storico dei fatti, I lupi di Roma (Newton Compton Editori, 2021, pp. 416, anche e-book) consente allo scrittore Andrea Frediani di raccontarci un luogo e un'epoca poco frequentati dalla narrativa: la Roma del Medioevo. Il risultato è un romanzo teso, avvincente, ma soprattutto convincente (e per questo candidato al Premio Strega 2021) per la capacità dell’autore di evitare quegli anacronismi, quelle forzature nelle psicologie dei personaggi, quelle scelte dettate dal politically correct oggi imperante per cui ogni epoca storica raccontata nei romanzi e nelle fiction è un clone di quella in cui viviamo.

Frediani ci mostra invece un Medioevo tutto da scoprire, perché diverso da quello a cui siamo abituati. Un Medioevo violento, ma intriso di misticismo e religiosità, un'epoca in cui le ambizioni degli uomini e delle dinastie erano quasi sempre temperate dall’onore e dall’adesione a quei grandi ideali che erano rappresentati dal cristianesimo, dall’impero e dalla Chiesa universale. Emerge così il quadro di un'epoca grandiosa, in cui gli uomini sapevano alzare lo sguardo verso il cielo e avevano una tensione verso grandi obiettivi che non veniva meno neppure negli intrighi più sordidi.

Su questo palcoscenico storico così ben delineato Frediani fa muovere personaggi credibili, uomini e donne figli del loro tempo, un tempo in cui i desideri personali venivano dopo i doveri verso la dinastia di appartenenza e in cui il piacere personale cedeva spesso il passo alla rinuncia e al dovere. Inoltre, da profondo conoscitore della storia, l’autore non dimentica che l’uomo medievale si riconosceva in strutture sociali precise in quanto regolamentate in modo rigido. E che quella medievale era una società in cui tutti gli aspetti della vita dovevano essere vissuti in modo comunitario, in compartecipazione con il gruppo sociale di appartenenza (corporazione, ordine religioso, ceto sociale, famiglia). Così, i personaggi delineati da Frediani - cosa poi non così comune in un romanzo ambientato nel Medioevo - sono uomini e donne pienamente medievali e che ci mostrano un modo diverso dal nostro, ma non per questo meno affascinante, di combattere, amare, sentirsi vivi e stare al mondo.
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