Arrestati e torturati in carcere per la loro fede. Legati a una sedia, un sacco di plastica intorno al collo, stretto sinché il respiro si fa rantolo. Un interrogatorio a suon di botte, per estorcere ai prigionieri un ammissione impossibile: che i Testimoni di Geova sono una "organizzazione estremista", che conduce attività pericolose contro la Federazione Russa, le sue leggi e le sue tradizioni.

È il trattamento che la polizia di Voronezh (la città sul fiume omonimo dove fu costruita la flotta di Pietro il Grande, primo imperatore della Russia, e da dove oggi partono i charter della Vaso Airlines) ha inflitto a Yury Galka and Anatoly Yagupov (44 e 51 anni), secondo quanto riferisce un sito russo che monitora le precarie condizioni della libertà religiosa nel Paese. Credo.Press riferisce notizie avute dai correligionari di Galka e Yagupov, che sono stati incarcerati a metà luglio, ma solo due settimane dopo hanno potuto incontrare i loro avvocati, a cui hanno raccontato il trattamento subìto. Molto simile a quello denunciato in precedenza da altri tre fedeli prigionieri nello stesso centro di detenzione, in attesa di un processo.

LE DENUNCE INTERNAZIONALI Informazioni di parte, ma coerenti con un fiume di testimonianze indipendenti sulla repressione della libertà di religione in Russia che in questo caso si concentra sulla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova, ma riguarda tutte le confessioni che non hanno una presenza storica nel Paese. Una situazione denunciata più volte dalle organizzazioni umanitarie, a incominciare da Amnesty International. Ma anche dai governi che intrattengono con Mosca relazioni diplomatiche o economiche, nonché responsabilità nello scacchiere geopolitico internazionale. "In occasione della seduta del 23 luglio del Consiglio permanente dell'OSCE, l'Unione Europea, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno reso pubbliche le loro dichiarazioni di condanna contro la Russia per la continua violazione dei diritti umani ai danni dei Testimoni di Geova", riferisce Alessio Atzeni, 49 anni, conducente di autobus cagliaritano, portavoce presso la stampa di circa 5 mila fedeli della Sardegna. "Dal 13 luglio - spiega Atzeni - si è rinnovata un'ondata di violenze contro centinaia di nostri pacifici correligionari". Così le ha raccontate l'ANSA: "Secondo un comunicato stampa ufficiale delle autorità della regione russa di Voronezh, il 13 luglio scorso forze dell'ordine, armate di fucili d'assalto, hanno fatto irruzione in 110 case private di testimoni di Geova. Le perquisizioni sono state condotte in almeno sette città, paesi e villaggi della regione. Almeno due fedeli, Aleksandr Bokov e Dmitrij Katyrov - secondo una nota dei testimoni di Geova -, sono stati insultati e picchiati con colpi alla testa e alle costole. Il giorno seguente, il 14 luglio, il Tribunale distrettuale di Leninskij ha disposto la custodia cautelare per 10 Testimoni".

LA PROTESTA DELL'EUROPA L'Unione Europea si è detta "preoccupata per la situazione dei Testimoni di Geova nella Federazione russa, che continuano a subire una persecuzione sistematica". A nome di tutti gli Stati membri, la presidenza tedesca ha ricordato, davanti al Consiglio dell'OSCE, come gli accordi internazionali sottoscritti dalla Federazione russa garantiscano che "tutti, inclusi i testimoni di Geova, devono poter godere in pace dei propri diritti umani, compreso il diritto alla libertà religiosa, senza discriminazioni". La protesta dell'Europa non è una novità: parole analoghe erano state pronunciate nel marzo scorso. Con tutta evidenza, senza grande successo.

Alessio Atzeni incalza: "Gli Stati Uniti hanno definito "scioccante" la repressione in atto, come pure il comunicato stampa delle autorità di Voronezh, che "si vantavano" dei 110 raid effettuati contro credenti inermi. Le giustificazioni addotte dalle autorità russe - prosegue - sono state definite "assurde e vergognose". Anche il Regno Unito si è detto profondamente preoccupato per quella che sembra una vera e propria "campagna organizzata" contro i nostri fratelli".

IL CULTO ONLINE ALL'EPOCA DEL CORONAVIRUS I Testimoni di Geova della Sardegna seguono con accorata partecipazione gli eventi della Russia, attraverso il loro sito www.jw.org. "In realtà, l'intera vita della comunità si è spostata online, in tempo di Corononavirus", spiega il portavoce Atzeni." Sono chiuse le Sale del Regno, una trentina in tutta l'Isola, di cui circa venti nell'area metropolitana di Cagliari, la città che conta il maggior numero di fedeli, seguita da Sassari". In queste sedi autofinanziate (e spesso anche auto costruite) si alternano circa sessanta comunità di fedeli che vi tengono due volte alla settimana le loro Adunanze. Incontri aperti anche agli esterni, per pregare, cantare insieme e analizzare i temi d'attualità alla luce delle scritture bibliche, reinterpretate dalle autorità della Congregazione la cui casa madre è a Warwick, nello Stato di New York.

IL COVID? NON è UN CASTIGO DIVINO Le parole degli antichi profeti e gli eventi contemporanei si intrecciano per i Testimoni che, come altri cristiani della multiforme galassia avventista, credono di vivere alla Fine dei tempi descritta nell'Apocalisse di Giovanni (quando i "giusti" saranno perseguitati dai "malvagi") e aspettano Armageddon, la battaglia finale tra il Bene e il Male, e la seconda venuta di Gesù trionfante. Eventi che dapprima erano attesi entro il Ventesimo secolo, ma che che ai nostri giorni sono stati spostati a un futuro indefinito, per quanto non lontano. Nel frattempo, i fedeli fanno i conti con l'attualità. Come l'emergenza Covid. Che è un "segno dei tempi" (come terremoti, le guerre e le pestilenze annunciate dai profeti biblici) ma non un castigo di Dio. Piuttosto, la conseguenza di una catena di scelte sbagliate. "La Bibbia - dice Atzeni - insegna che in origine il proposito di Dio prevedeva che l'uomo vivesse per sempre in perfetta salute. La disubbidienza di Adamo e la sua ribellione alla guida divina hanno introdotto nel mondo il peccato, quindi l'imperfezione, le sofferenze (tra cui le epidemie) e la morte". In tempi di crisi, ai Testimoni è chiesto di gioire, perché la liberazione è vicina. "Le adunanze da mesi si tengono solo su Zoom, per evitare ogni rischio di contagio", spiega Alessio Atzeni. Ferme anche le attività di proclamazione. "Non andiamo più a bussare alle porte delle persone. Dove possibile, usiamo Internet o il telefono".

I BATTESIMI IN PISCINA Sospesi, per adesso, anche i grandi congressi annuali, che culminavano nel rito dei battesimi collettivi, per cui i Testimoni di Geova sono famosi. "Quest'anno ci sono state tante piccole cerimonie, in luoghi privati". Le foto diffuse dal portavoce testimoniano il battesimo di un giovane fra le onde del mare di Castelsardo, un rito eseguito in piscina a Oristano, ma anche due cerimonie contemporanee in due vaschette gonfiabili affiancate, all'interno di un ampio giardino alberato. A parte i convertiti (fra cui un migrante africano battezzato a Quartu) pronti per l'immersione rigeneratrice, gli officianti e i radi spettatori indossano le mascherine di legge.

I TESTIMONI DI GEOVA IN ITALIA, NUMERI E STORIA Secondo lo studio sulle Religioni in Italia condotto dai ricercatori del Cesnur, coordinati da Massimo Introvigne e Pierluigi Zoccatelli, gli aderenti alla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova sono 409.100 (dati dell'anno scorso) e rappresentano il 20, 5 per cento dei cittadini che professano religioni diverse da quella cattolica. Superati, per un soffio, solo dai musulmani, che raggiungono il 20,9. Per il Cesnur i Testimoni sono "certamente la maggiore realtà organizzata in modo unitario presente nel Paese dopo la Chiesa cattolica". Giunti in Sardegna negli Cinquanta, i Testimoni di Geova fecero la loro prima comparsa in Italia nel 1903 a Pinerolo, nel Piemonte delle Valli Valdesi, dove fu pubblicato, scrive il Cesnur, "il primo numero del giornale La Vedetta di Sion e l'Araldo della Presenza di Cristo, la prima versione italiana della Torre di Guardia". Ovvero la rivista che i "proclamatori" propongono ancora oggi a chi li accoglie in casa . Un credente di Pinerolo, Remigio Cuminetti, fu il primo obiettore di coscienza del Regno d'Italia rifiutò di partire per la Prima guerra mondiale e fu chiuso prigione e in manicomio. Con il loro rifiuto di prendere le armi anche per autodifesa, i Testimoni finirono nel mirino del Fascismo e del Nazismo e ingrossarono le file dei deportati nei campi di concentramento.

OBIETTORI DI COSCIENZA Il numero dei fedeli italiani è in crescita costante dal Dopoguerra, grazie al ritorno della libertà religiosa. Ma non sono mancate frizioni fra la Congregazione e la Repubblica. Per esempio sull'obbligo di leva, gradualmente attenuato a partire dal 1972, ma sospeso solo nel 2005. "I primi obiettori di coscienza condannati nell'Italia del dopoguerra furono Rodrigo Castiello, nel 1947, ed Enrico Ceroni, l'anno successivo, entrambi testimoni di Geova" ricorda il sito pacifista Azione Nonviolenta. Che cita la "Storia dell'obiezione di coscienza in Italia" di Sergio Albesano: "È praticamente impossibile risalire ai nomi di tutti i Testimoni condannati per obiezione". Secondo il portavoce Atzeni, i suoi correligionari condannati per aver rifiutato la leva in Italia "sono almeno 14 mila, di cui 187 sardi".

IL NO ALLE TRASFUSIONI Difficile per anni anche il rapporto con la scienza medica, specie in Sardegna dove la Beta Talassemia era un piaga secolare, che le trasfusioni di sangue contribuivano a rendere meno letale. Fedeli a un'interpretazione ultraletterale della Bibbia, i Testimoni di Geova hanno ingaggiato più di una battaglia con le autorità sanitarie e civili preferendo la morte al "nutrirsi di sangue". Ancora oggi talvolta i Tribunali dei minori di tutta Italia sospendono la patria potestà genitoriale per il tempo necessario a praticare le trasfusioni su bambini che rischiano la vita. D'altra parte, sulle pagine di www.jw. org sono raccolte testimonianze di medici e scienziati che riconoscono ai Testimoni il merito di aver indirizzato la ricerca verso terapie che non contemplino le trasfusioni. In tempi più recenti non sono mancate polemiche sui media, nazionali e locali, per lo stretto controllo che la comunità esercita sulla condotta dei suoi membri.

L'INTESA NEGATA E IL RICORSO ALLA CEDU Da circa quarant'anni i ministri di culto dei Testimoni di Geova possono celebrare matrimoni validi per lo Stato italiano ed entrare nelle carceri. Dal 1986 la Congregazione è riconosciuta come ente di culto con personalità giuridica. Ma ancora il Parlamento italiano non ha ratificato l'Intesa prevista dalla Costituzione, siglata da ben due governi, nel 2000 e nel 2007. Nella pagina Web dalla presidenza del Consiglio dei ministri, alla voce "Intese firmate e non ancora approvate", figura la sola Chiesa d'Inghilterra. L'Italia non è la Russia di Putin. Ma di fatto, scrivono i Testimoni di Geova in un documento sui diritti civili "la mancanza di un'Intesa determina un trattamento discriminatorio in molti ambiti". Stanchi di implorare, nel 2016 questi pacifisti a oltranza hanno fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.
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