Sempre più spesso la tecnologia sembra prendere il sopravvento su di noi. Pensiamoci: le nostre giornate sono oramai scandite da notifiche, i prodotti ci arrivano a casa grazie ai colossi della tecnologia digitale che nello stesso tempo selezionano le informazioni a cui possiamo accedere, propongono i temi da discutere, suggeriscono nuovi contatti e reti sociali. Insomma, il binomio tra vita moderna e tecnologia appare praticamente inscindibile.

Attenzione però: vivere immersi nella tecnologia non significa comprenderla. È questo il primo, importante messaggio che ci lancia Massimiano Bucchi, docente di Scienza, Tecnologia e Società all'Università di Trento, nel suo ultimo libro Io & Tech (Bompiani, 2020, pp. 128, anche e-book). Proprio per aiutarci a capire meglio le tecnologie che usiamo abitualmente Bucchi ci accompagna tra sette semplici lezioni, dialoghi immaginari con le nostre App ed esercizi rivelatori da fare con lo smartphone. Obbiettivo farci capire una verità semplice, ma spesso dimenticata: non c'è rosa tecnologica senza spine. A confermarcelo è proprio Massimiano Bucchi:

"Una delle grandi sciocchezze che si dicono sulla tecnologia - di qualsiasi tecnologia si tratti - è che è neutrale. Non è né buona, né cattiva ma dipende tutto dall'uso che ne facciamo. Questo può essere vero in astratto, ma in verità ogni tecnologia è allo stesso tempo buona e cattiva. Il filosofo Bacone sosteneva che la tecnologia da un lato crea, dall’altro distrugge, da un lato rompe, dall’altro aggiusta. L’automobile permette di andare dove vogliamo ma nello stesso inquina, giusto per fare un esempio. Noi siamo portati a vedere soprattutto i lati positivi della tecnologia, però parallelamente ci sono anche quelli negativi di cui dovremmo tenere conto".

Manca quindi un'educazione che ci faccia comprendere appieno le tecnologie che usiamo?

"C'è troppa inconsapevolezza. Non si tratta certi di demonizzare oppure proibire determinate tecnologie anche perché è assolutamente impensabile un ragazzo di oggi senza lo smartphone. Si tratta però di sviluppare un atteggiamento critico e consapevole, un atteggiamento che spesso manca".

Di cosa soprattutto siamo poco consapevoli?

"Come detto, non siamo consapevoli che la tecnologia non è affatto neutrale. Poi non ci rendiamo conto di quanto le tecnologie ci cambiano, hanno effetti su di noi. Non siamo semplicemente noi a usare le tecnologie, ma ci ritroviamo a mutare, usandole, il nostro modo di comunicare, di pensare di desiderare. Un altro aspetto che tendiamo a sottovalutare è che per quanto una tecnologia sia facile da usare bisogna prendere la 'patente' per usarla, come per l'automobile. Bisogna conoscerla e sapere che un buon uso di una tecnologia richiede un percorso per cui serve tempo. Per regolamentare l'utilizzo di una tecnologia come quella dell'automobile ci sono voluti decenni".

Come mai tanta inconsapevolezza di fronte alle tecnologie, soprattutto a quelle più recenti come smartphone e affini?

"C'è un forte ritardo culturale altrimenti non avremmo avuto il caso di quel senatore statunitense che durante l'audizione di fronte al Senato americano chiede a Mark Zuckerberg come si guadagna da vivere dato che Facebook offre tutto gratis. Però la domanda da dove arrivino i soldi di Zuckerberg sono in molti a non essersela mai fatta e a pensare che tutto quello che viene offerto sul Web sia gratis. Anche qui ci vuole consapevolezza: usiamo pure lo smartphone, i motori di ricerca - magari sapendo che non esiste solo Google ma ce ne sono di migliori - però acquisiamo consapevolezza del fatto che nulla è gratis. Cosa stiamo dando in cambio, nel momento in cui usiamo social, app e motori di ricerca? Ci sta bene cedere tante informazioni per avere un determinato servizio? Sono domande che dobbiamo porci nel momento in cui automaticamente diciamo tanto di noi, per esempio ad una app. Se le stesse domande ce le ponesse un essere umano, risponderemmo così a cuor leggero?"

Il web passa per il luogo più libero che esista…ma è veramente così?

"Le rispondo con una contro-domanda: quanti di noi hanno realmente scelto di installare Windows come sistema operativo oppure di usare Whatsapp per la messaggistica? Pensiamo poi al caso di Apple che in pratica ti obbliga ad usare determinate app e dispositivi. Insomma, anche nel momento in cui si parla tanto di libertà del Web ci vuole maggiore consapevolezza di quello che si sta dicendo".

Ci vorrebbe maggiore attenzione da parte della politica alla regolamentazione delle nuove tecnologie?

"Passi in avanti in questo senso sono stati fatti con l'introduzione da parte dell'Unione europea del Regolamento generale sulla protezione dei dati. Si tratta di un'ottima normativa, contro la quale non a caso si sono battuti i colossi del Web. Più che altro la politica non ha capito l’importanza di Internet nel momento in cui la Rete è nata. Questo non era accaduto, per esempio, con la televisione che fu subito considerata una tecnologia importante dal mondo della politica tanto che i governi investirono moltissimo per sviluppare le infrastrutture televisive dopo la Seconda guerra mondiale. Per Internet tutto questo non è avvenuto, nonostante il Web incida molto più profondamente nelle nostre vite. In Internet noi viviamo mentre in Tv no, a meno di non essere parte di uno spettacolo di Maria de Filippi. Più che online, siamo onlife come afferma il filosofo Luciano Floridi".

Pecchiamo di ingenuità rispetto alle tecnologie?

"Più che altro il nostro è un eccesso di fiducia. Ci facciamo ingannare dalla facilità d'uso di determinate tecnologia senza comprendere che un conto è usare qualcosa, un altro conto è comprenderla. Per dire, il documento sulla privacy di Google chi lo legge mai? Eppure, è pieno di norme tanto che occupa ben 500 pagine, segno che quella dei motori di ricerca è una tecnologia tutt’altro che semplice da usare se lo si vuole fare con consapevolezza. Poi c’è la questione della comodità".

Cioè?

"La tecnologia ci semplifica la vita e quindi non ci poniamo troppe domande sulle conseguenze che quella tecnologia può avere. Pensiamo ad Airbnb: ci offre una scorciatoia per andare in belle città come Venezia o Barcellona. Si va in casa di qualcuno, si risparmia…però intanto la fisionomia di quelle città cambia. Oggi a Barcellona ci sono intere zone dove i residenti e gli studenti non possono più abitare perché tutto è destinato al mercato su Airbnb. Insomma, è importante essere consapevoli di quello che accade con le nostre decisioni. Poi possiamo anche scegliere di agire comunque in un determinato modo…oppure no".
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