Quando si parla di gang giovanili immediatamente il pensiero corre alle grandi metropoli degli Stati Uniti oppure a fenomeni legati alle periferie di città tentacolari come Londra e Parigi. O ancora alle bande di ragazzini legati alla camorra raccontate da Roberto Saviano. Eppure, negli ultimi anni il fenomeno di squadre di giovani e giovanissimi che si raggruppano e si organizzano per svolgere attività criminali oppure semplicemente per controllare il territorio è diventato più frequente nella società italiana a tutte le latitudini. Non siamo, naturalmente, ancora di fronte a una vera e propria emergenza sociale come capita in molte grandi città d'Oltreoceano ma sicuramente dobbiamo fronteggiare una realtà nuova, preoccupante e ancora da analizzare in profondità come ci racconta Franco Prina, docente di sociologia giuridica e della devianza all'Università di Torino e autore del saggio Gang giovanili (Il Mulino, 2019, Euro 11,00, pp. 136. Anche Ebook):

"È necessario fare una piccola premessa. Per gang si intende una banda di strada di tipo criminale che è storicamente caratteristica degli Stati Uniti dove queste tipologie di formazioni esistono fin dall'Ottocento. Si tratta di strutture che hanno caratteristiche peculiari, che si identificano attraverso simboli, nomi, collocazione territoriale e che esistono in alcuni casi da molto tempo. In Italia, invece, dobbiamo far fronte a bande giovanili, bande di strada che si formano in maniera spesso estemporanea e che poi si dissolvono, salvo in alcuni casi essere assorbite dalla criminalità organizzata oppure organizzarsi in maniera più strutturata e stabile".

Perché nascono le bande?

"Si tratta, il più delle volte, di organizzazioni di ragazzi che vogliono affermare la loro identità, stabilire relazioni tra loro, essere riconoscibili, farsi notare nel territorio in cui vivono. Sentono di dover affermare e difendere il loro onore quando sono attaccati. In alcuni casi cercano anche di ottenere con mezzi illeciti quello che non possono avere lecitamente, perché vivono situazioni in cui non ci sono possibilità di lavoro e guadagno".

Sono ragazzi particolari quelli entrano a far parte di una gang?

"Nel libro pongo attenzione proprio al fatto che si tratta di giovani con bisogni simili a tutti gli altri ragazzi. Quando però si vive in un ambiente in cui vi sono poche possibilità oppure si è emarginati non sempre l’aggregazione si ferma al fatto di stare assieme ai giardinetti a scherzare. Facilmente queste aggregazioni diventano un modo per controllare il territorio e per fare piccoli traffici illeciti".

Il fenomeno è quindi strettamente legato all'emarginazione?

"Non necessariamente, anche se è vero che in ambienti sociali molto emarginati è più facile che la banda evolva verso forme di aggressività o di predazione nei confronti degli altri. Poi esistono gruppi che esprimono la loro ribellione con atti vandalici o distruzione di oggetti e che provengono da ambienti per nulla marginali o poveri".

Esistono fenomeni di emulazione che portano i ragazzi a far parte di una banda?

"L'emulazione conta, anche se non bisogna esagerarne l'importanza. Non bastano serie Tv o film a creare fenomeni come le gang".

Come si affronta un fenomeno come quello delle gang?

"Prima di tutto non ricorrendo solo all'azione repressiva e alla risposta penale. Bisogna agire sul piano dei valori della nostra società e su come gli adulti riescono a trasmetterli ai giovani. Allo stesso tempo non si deve pensare che il destino dei ragazzi che vivono in zone di emarginazione sia ineluttabile come appare troppo spesso nelle serie Tv oppure nei libri sul tema. Anche nelle zone più disagiate, infatti, vi sono moltissime iniziative legate al volontariato, all'associazionismo e ai servizi sociali che aiutano adolescenti e ragazzi a non entrare nelle bande oppure a uscirne. Inoltre, la giustizia minorile in Italia in molti casi funziona intercettando i giovanissimi che hanno commesso qualche reato e coinvolgendoli in progetti educativi e sociali con i quali evitano il carcere. Quindi combattere il fenomeno delle gang si può e si riesce a fare. L'importante è non pensare che il carcere risolva tutto. Anzi, spesso peggiora le cose".
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