È in programma per lunedì 25 novembre a Cagliari (alle 17, in via Ariosto 24), l'inaugurazione di un nuovo Centro Antiviolenza, realizzato dall'associazione "Luna e Sole Onlus", in collaborazione con il VO.F.S. (Volontariato Ospedaliero Francescano Sociale).

Per l'occasione sarà allestita un'esposizione di scatti fotografici sul tema, realizzati da Rita Bacchidu, Maurizio Addis, Pasquale Janda, Giuseppe Canu e Stefania Agus.

Lucia Muzzetto, inoltre, reciterà le poesie della poetessa Annamaria Brughitta, con musica e canto a cura di Jeo Spigno. Il cantautore Marco Carena, amico personale dai tempi di Torino del vice presidente Gianfrancesco Piscitelli, ha voluto dedicare al nuovo Centro Antiviolenza ed ai suoi soci ed amici sardi la sua canzone "Io ti amo", già nota "canzone di battaglia" per la non violenza, ironica ma profonda, oggi ancora più attuale come tutte le altre successive del suo vasto repertorio su tutti i problemi del sociale che ci affliggono.

Lo abbiamo intervistato.

Lei è un esponente della canzone d'autore comico-ironica. Del suo brano, quello con cui ha vinto il primo "Sanscemo - Festival della Canzone Demenziale", ci racconta qualcosa?

"Era il 1990 e partecipai con la canzone 'Io ti amo', in stile romantico-melodico-italiano, che parlava della visione demenziale, assurda, folle, che certi uomini hanno del rapporto d'amore con una donna e della parola 'Amore' stessa. In anticipo sui tempi, denunciavo la violenza contro le donne".

Come è nata questa canzone? Ha avuto ispirazione da qualche storia di violenza in particolare?

"Tutto è nato, come molte delle mie canzoni, dall'osservazione della 'normale demenzialità' che ci circonda. In questo caso avevo anche una testimonianza diretta, infatti fra le mie conoscenze c'era una coppia dove lui era un personaggio all'apparenza normale ma che invece nascondeva una mentalità distorta e un atteggiamento molto possessivo e ossessivo nei confronti di lei. Fortunatamente la relazione fra i due si risolse, anche se con difficoltà, ma senza conseguenze tragiche".

Nella canzone troviamo parole molto forti, che purtroppo oggi vengono riferire da molte vittime...

"Sì, effettivamente frasi come 'Ti amo perché quando ti picchio il tuo sangue mi fa ancora impressione…' è un classico di chi pesta e poi dice 'scusa, mi dispiace, non volevo' ancora e poi ancora.

Oppure 'Ti amo perché se no ti avrebbe amato un altro…che sottintende: dovevi essere mia e di nessun altro (e se non puoi essere mia non sarai di nessun altro)! Nella canzone ci sono più aspetti della violenza: quella fisica, ma anche verbale e psicologica".

Perché ha scelto la chiave ironica per lanciare questo messaggio?

"Perché l'ironia può abbattere muri che a volte la serietà non riesce a superare. Diciamo che questa canzone voleva essere una fotografia di situazioni talmente assurde e terribili che, ad una persona 'normale', potevano apparire totalmente surreali tanto da riuscire a diventare, ancor più se riportate con un certo linguaggio, tragicamente comiche.

Ricordiamoci che la canzone nacque nel 1990 e all'epoca questo era un argomento quasi ignorato; negli anni a venire, abbiamo visto che, purtroppo, questa problematica si è molto aggravata. O forse tutto il sommerso è solo venuto alla luce".

A cosa si sta dedicando ultimamente?

"Sono uscito a febbraio con il mio ultimo album 'Lo vogliono tutti' e poi affianco concerti basati sul mio repertorio alla messa a punto di un paio di spettacoli che ho portato in giro già alcuni anni fa e che conto di riproporre: uno sulla storia della canzone umoristica con pezzi cult di questo genere riarrangiati e rivisitati da me e un altro che vede pezzi miei e di Giorgio Gaber alternati, perché ad un certo punto mi sono reso conto che, ciascuno col proprio stile, ma abbiamo trattato gli stessi temi".

Il grande Gaber...

"Per me è stato un autentico maestro. Sa che l'ho conosciuto? Nei primi anni Novanta sono andato a vedere un suo spettacolo e alla fine, spinto dai miei amici perché io non osavo (non si direbbe ma sono sempre stato un timido), ho voluto salutarlo in camerino. Lui mi ha riconosciuto - già un fatto per me incredibile - e mi ha salutato, 'Ciao collega!' …è stato il più grande, bello e soprattutto inatteso complimento che abbia mai ricevuto in vita mia".

Angelo Barraco
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