Dal racconto in prima persona di Federico Caputo, ex detenuto che è stato anche nella struttura di Alghero, alle parole di Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia.

"Mio fratello Giovanni una volta disse: 'Non bisogna mai dimenticare che in ognuno degli assassini c'è un barlume di umanità'".

È stata una mattinata intensa anche emotivamente quella dedicata all'editoria carceraria nell'ambito di "Dentro & Fuori", il workshop organizzato dal Polo Universitario Penitenziario dell'Università di Sassari insieme a numerosi partner per fornire un contributo significativo al dibattito in corso su dove va, e dove dovrebbe andare, il sistema carcerario italiano.

"La persona non è solo il suo reato, ma è qualcosa di più complesso" ha detto Federico Caputo, che nel 2014 ha finito di scontare una pena di 14 anni, abbreviata di 4 anni, resa ancora più pesante dalle precarie condizioni fisiche.

Ha scritto un libro dal titolo "Sensi ristretti" perché, come ha spiegato: "L'odore indefinibile, l'assenza di colori, il silenzio rumoroso interrotto solo dai cancelli che sbattono. Il sapere interpretare qualsiasi rumore. Tutti i sensi si attivano perché devi sopravvivere in carcere. Sono libero da cinque anni, ma quando chiudo gli occhi l'odore del carcere lo sento ancora".

Giovanni Gelsomino, operatore nella casa di reclusione di Nuchis, a Tempio, ha sottolineato quanto lo studio possa aiutare una persona che vive rinchiusa da anni, senza la cognizione di come si vive fuori.

"La metà dei detenuti di Nuchis frequenta la scuola e molti sono avviati alla laurea. Percentuali da record non solo in Italia, ma credo siano tra le più alte d'Europa. Per dare un'idea di cosa voglia dire stare dentro per anni, quando abbiamo accompagnato un detenuto fuori, è uscito sotto la pioggia ad abbracciare gli alberi", ha detto
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