Voluto e impreziosito per quasi un secolo dai Visconti e dagli Sforza, signori di Milano, per celebrare le glorie dinastiche, il monumentale complesso della Certosa di Pavia è sicuramente uno dei capolavori dell'arte e dell'architettura quattrocentesca nostrana. Un luogo privilegiato dove ancora oggi si rinnova l’incontro tra tardo-gotico d’Oltralpe e gusto raffinato del Rinascimento italiano. La Certosa di Pavia è, in fondo, una contraddizione risolta, in maniera magnifica e affascinante. Non ci può non essere contraddizione, infatti, tra ciò che una "certosa" è chiamata a rappresentare in quanto "casa" dei monaci certosini – eremiti tra i più austeri e distaccati dal mondo e dalle sue tentazioni – e quello che appare davanti ai nostri occhi visitando l’edificio monastico pavese. Eppure passo dopo passo ci si rende conto che qui, a metà strada tra Milano e Pavia, si è celebrato un connubio tra aspirazione al Cielo e gioia terrena, creando un luogo dove gloriare Dio senza mai dimenticare la gloria terrena degli uomini. Questo sembrano volerci raccontare le architetture della Certosa, con il loro felice incontro tra verticalità gotiche e raffinatezze rinascimentali.

La splendida volta dello studiolo ducale (foto Certosa di Pavia)
La splendida volta dello studiolo ducale (foto Certosa di Pavia)
La splendida volta dello studiolo ducale (foto Certosa di Pavia)

D'altronde non poteva essere certo tutto rivolto alla mistica e all'ascesi un luogo voluto da un uomo di guerra e potere per celebrare se stesso e la propria dinastia nel momento del trionfo. La Certosa di Pavia nacque, infatti, nel 1396, l’anno in cui Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano, stabilizzato il suo dominio, sbaragliati tutti i nemici e avversari politici, ottiene dall’imperatore Venceslao a suon di fiorini d’oro – le cronache dicono centomila! – il titolo di sua Altezza Serenissima ducale. Altre centinaia di migliaia ne furono spesi per realizzare il complesso pavese che per nostra fortuna oggi si presenta non poi così diverso da come fu realizzato nel XV secolo. Si accede al grande cortile della Certosa attraverso un ingresso più adatto a una fortezza che a un luogo di preghiera. Sul cortile si affaccia il Palazzo Ducale – emblema dello stretto legame tra le dinastie milanesi e questo luogo – ma soprattutto appare la facciata della chiesa monastica, dedicata a Santa Maria delle Grazie. La facciata è un po' simbolo e sintesi dell'intero complesso, con i suoi evidenti retaggi gotici messi a confronto con elementi tipicamente rinascimentali. Un'opera suggestiva per i contrasti cromatici dovuti ai materiali usati per costruirla: il marmo rosato di Candoglia – lo stesso del Duomo milanese –, il marmo candido di Carrara, le tonalità scure del porfido e del serpentino verde, per giungere al nero del marmo di Saltrio, località vicino a Varese soggetta ai domini viscontei. Il sovrapporsi di gotico e rinascimentale si ripete poi all'interno dell'edificio ecclesiastico, dove si trovano ancora le tombe dei duchi di Milano, nella mole del tiburio, elemento architettonico che racchiude e protegge la cupola che sovrasta il transetto.

Lo studiolo (foto Certosa di Pavia)
Lo studiolo (foto Certosa di Pavia)
Lo studiolo (foto Certosa di Pavia)

Se architettonicamente la Certosa conserva molto del fascino antico, poco è stato fatto per molti anni per valorizzare al meglio dal punto di vista culturale e turistico il patrimonio artistico del complesso, riunito nel Museo della Certosa oggi oggetto di un progetto di rilancio curato dal direttore Giacomo Maria Prati. A lui chiediamo perché questo museo così poco conosciuto merita invece attenzione:

"Il Museo raccoglie la memoria del complesso conventuale della Certosa. Cambi di gusto, modifiche architettoniche, nuove committenze artistiche hanno fatto sì che varie opere siano passate dai fasti delle collocazioni più importanti ad essere gradualmente marginalizzate. Il Museo, infatti, raccoglie opere legate al mondo certosino che vanno dagli affreschi trecenteschi staccati del chiostro grande di Bernardino De Rossi alle opere settecentesche di Giuseppe Vermiglio e testimonia la continuità e la raffinata ricchezza della committenza dei Certosini di Pavia per circa quattro secoli. Le opere d'arte presenti nel Museo e la Certosa stessa ci dicono come i monaci riuscissero a coniugare vita ascetica e amore per l'arte".

L'intera Certosa è considerata un simbolo del Rinascimento italiano. Anche il Museo gode di questa matrice rinascimentale?

"La Sala dei capolavori del Museo della Certosa esprime i migliori valori umanistici e rinascimentali della pittura norditaliana tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, permettendo un confronto fra tre autori assai differenti tra loro ma tutti espressione della rivoluzione umanistica nella pittura: Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, Bernardino Luini e Bartolomeo Montagna. Queste eccellenze pittoriche sono riunite in un’unica sala dall’allestimento storico inizio Novecento di Luca Beltrami proprio per mostrare le anime specifiche della grande arte presente in Certosa".

Come mai pittori tanto importanti e diversi tra loro riuniti in un unico luogo?

"Perché la Certosa, dal punto di vista artistico, è stata alimentata a lungo da due committenti, i duchi di Milano e l’ordine dei Certosini. Il Museo testimonia la ricchezza e la continuità della committenza ducale e certosina. In particolare possiamo ammirare la cultura raffinata dell’Ordine Certosino che chiama pittori e artisti sino a fine Settecento, quando il convento della Certosa di Pavia venne soppresso dalla politica anticlericale dell’imperatore d’Austria Giuseppe II".

Quest'anno ricorrono i cinquecento anni dalla morte di Leonardo da Vinci. Ma il più grande genio del Rinascimento ha avuto a che fare con la Certosa?

"Sicuramente Leonardo aveva legami forti con due figure che appaiono presenti tra le opere del Museo della Certosa: Bramante e l’architetto, ingegnere e scultore Giovanni Antonio Amadeo, autore di una stupenda Flagellazione, esposta nella sala delle sculture del Museo. La presenza di Leonardo è poi attestata a Pavia tra il 1490 e il 1492 quale consulente per il Duomo insieme a Bramante ed è facile pensare che abbia almeno visitato il complesso della Certosa. Comunque, la sua influenza è presente nelle opere di Luini ospitate nel Museo, perché si tratta di artista di scuola leonardesca".
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