In un giorno la sua vita è cambiata. Benedetta Cocco, 21enne, è rinata un lunedì di dicembre di quattro anni fa dopo essere sprofondata e risalita dal baratro dell'anoressia. Quando ha varcato la porta del centro per i disturbi dell'alimentazione e del sovrappeso all'interno della casa di cura polispecialistica Sant'Elena, in viale Marconi, pesava appena trenta chili, non stava in piedi. Nel reparto dove la psicoterapeuta Lorella Melis e la sua équipe accompagnano ragazze perdute verso la salvezza, Benedetta ha trovato la forza di reagire e di sconfiggere «quel mostro - come lo chiama lei - che ti si attacca alla schiena e che ti dice cosa devi fare». Il percorso di cura si è concluso l'anno scorso e lei, piano piano, è riuscita a rimettere insieme i pezzi della sua esistenza.

Com'è iniziata?

"È un problema che ha radici molto profonde. Per quanto mi riguarda sono pesate le mie insicurezze. Avevo sofferto molto per il divorzio dei miei genitori e fin da piccola non mi sono mai sentita abbastanza compresa. Questo anche dal punto di vista estetico".

La bilancia era una nemica?

"Alle Elementari ero un po' cicciottella e i miei compagni mi prendevano in giro. Ci sono stati momenti in cui ho sofferto moltissimo. Sono stata una bambina confusa, con un grande bisogno di amore".

Cos'ha fatto scattare la molla?

"Venivo da un periodo difficile. Dopo la separazione, mio padre aveva iniziato a frequentare una donna magrissima davanti alla quale mi sentivo inadeguata e nello stesso periodo io, che avevo all'epoca sedici anni, mi ero lasciata con il mio fidanzato".

Come hai reagito?

"Molti ricordi di allora li ho rimossi, ma ho ritrovato il diario dove scrivevo "Voglio scomparire, voglio smettere di mangiare". E così ho iniziato una dieta fai da te. Bevevo tantissima acqua e limone e mangiavo verdura e poco altro. Da 50 chili sono passata a 45 ma non bastava mai. A un certo punto non c'è più un peso da raggiungere perché non è mai basso abbastanza".

Una strada senza uscita?

"L'anoressia è una forma di suicidio: non hai il coraggio di compiere l'atto in sé e così ti lasci morire piano piano".

Come trascorrevi le tue giornate?

"La mia vita era legata al calcolo: le calorie erano la mia ossessione. Contavo i chili persi e passavo il tempo a cucinare per gli altri e a raccogliere ricette perché tu non mangi ma cerchi di appagarti guardando. Dimezzavo sempre le mie porzioni fino a quando sono arrivata a non sentire nemmeno più la fame o la necessità di mangiare".

Fino al punto di non ritorno.

"Avevo diciassette anni e pesavo 30 chili. Ero diventata un mostro: ero entrata in amenorrea, disturbo di cui soffro tuttora perché il percorso è molto lungo, mi cadevano i capelli, ho avuto un abbassamento della vista, avevo le palpebre e la pancia gonfi, non riuscivo a camminare e nemmeno a parlare. Non solo non mangiavo ma prendevo persino integratori per perdere peso. A un certo punto ho coperto gli specchi perché non riuscivo più a guardare cos'ero diventata. Non uscivo più di casa. Se è vero che all'inizio ti vedi più magra e ti vedi bella poi non è così, ti senti un mostro".

Poi è arrivata la svolta.

"Mi sono detta: o fai qualcosa o muori. Così ho trovato il coraggio di rivolgermi alla dottoressa Melis di cui mi aveva parlato mia madre perché era andata a tenere una conferenza dove insegnava. Alla clinica Sant'Elena ho trovato chi mi ha preso per mano e mi ha strappato da quell'inferno".

Quanto è durato il percorso?

"È stato molto lungo. I primi tempi sono stati i più difficili perché sentivo sempre quella voce che diceva: "Non fidarti, vogliono farti ingrassare". Ma sono andata avanti, mi sono affidata a loro e il cibo è diventato la mia medicina".

La prima cosa che hai mangiato?

"È stato uno yogurt al miele. E mi ricordo di avere pianto quando ho mangiato i corn flakes. Mi ero dimenticata il sapore di tutto".

Com'è cambiata la tua vita?

"Adesso mangio regolarmente e sono arrivata a pesare 47 chili. Studio a Sassari all'Accademia delle Belle arti e poi dipingo animali marini. Metto i miei sentimenti nella pittura. Il grande isolamento che ho provato quando stavo male mi ha fatto capire quanto siano importanti l'amore e l'amicizia. Ho tanti amici e sono felice".

Cosa ti senti di dire alle ragazze che stanno vivendo quello che hai vissuto tu?

"Per prima cosa serve capire che ci sono comunque persone che ti amano e che ti possono tendere una mano per uscirne. Dobbiamo imparare ad amarci. Non bisogna guardare ai modelli che ti offrono la tv e i social network".

Devi dire qualche grazie?

"Di sicuro ai miei genitori, soprattutto a mia madre. Ma mi sono stati entrambi vicini e sono convinta che chiunque stia vivendo questo dramma, possa avere la forza di non lasciarsi sconfiggere dal mostro".

Oggi ci sono 14 ragazze e un ragazzo che hanno cominciato il percorso per uscire dall'anoressia. Il picco maggiore di casi riguarda sempre la fascia di età tra i 14 e i 18 anni. Negli ultimi tempi sono stati diagnosticati persino casi in età più precoce, persino prima dei 12 anni. I dati dicono che si guarisce completamente nell'ottanta per cento dei casi, ma comunque nel cento per cento si hanno dei miglioramenti. La cosa importante è avere la forza di chiedere aiuto.

Giorgia Daga

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