Era tutto premeditato e organizzato nei dettagli. Il delitto di Manuel Careddu era stato progettato da quelli che il giovane riteneva amici. Nella vicenda del diciottenne di Macomer uscito di casa la sera dell'11 settembre scorso e mai più tornato emergono nuovi particolari inquietanti dopo la convalida degli arresti, gli interrogatori di garanzia e l'ordinanza del Gip, depositata ieri: sarebbe stato legato con una fune, colpito con un piccone, poi con 4 colpi di pala.

E c'è il fondato sospetto che altre persone siano coinvolte. Secondo la Procura oristanese i ventenni di Ghilarza, Christian Fodde, Riccardo Carta e Matteo Satta, con una diciassettenne e un suo coetaneo (tutti finiti in carcere sei giorni fa), avevano già in mente il piano omicida. E si sarebbero pure raccomandati molta prudenza prima di far salire in auto il diciottenne: "Non facciamo nomi".

Il progetto - Nei momenti che precedono il delitto, Fodde, Carta e i minorenni avrebbero fatto un controllo del portabagagli sugli strumenti da usare: fune, fil di ferro, motosega e mazza. Poi il dubbio sull'utilizzo della fune, "troppo grossa per strozzarlo". E spunta anche il piccone "da nascondere sotto la felpa". Poi un'altra azione prudente: la consegna dei telefonini a Satta per evitare di essere intercettati. E infine via all'appuntamento con Manuel: sono le 22 circa quando Fodde e i due minorenni incontrano il giovane di Macomer, lo invitano a salire nella Fiat Punto del padre di Fodde. Auto nella quale i carabinieri, tempo prima, avevano piazzato una cimice perché stavano indagando sull'omicidio di Mario Atzeni di Abbasanta.

La trappola - Manuel è titubante, non capisce. "Ma chi mi deve dare questi soldi?". Pronta la risposta: "Uno più grande, se li vuoi sali". Il debito era di 600 euro per la droga che aveva venduto ai suoi amici. L'auto parte e arriva sull'Omodeo. E a questo punto si sente pronunciare un nome: "Zuanne, Giovà ci sei?". Risposta affermativa. Secondo gli inquirenti questo sarebbe un nome fittizio per nascondere la vera identità dell'altro complice che li aspetta in campagna, a due passi dal lago Omodeo: i carabinieri hanno la certezza che Carta, Manuel, Fodde e il minorenne scendono dall'auto, mentre la ragazzina resta a bordo. Poco prima di mezzanotte ripartono dall'Omodeo: in auto, però, Manuel non c'è più, la sua voce non si sente. Legato con la fune e ucciso sotto i colpi della pala, poi trascinato nel punto dove è stata scavata la buca per sotterrarlo. Dopo, la Punto torna a Ghilarza e nel tragitto i tre si domandano se sia opportuno pulire le scarpe dalla fanghiglia.

Manuel Careddu (L'Unione Sarda)
Manuel Careddu (L'Unione Sarda)
Manuel Careddu (L'Unione Sarda)

Il mistero della scatola - C'è un passaggio poco chiaro, almeno per ora. Fodde e la minorenne sarebbero tornati in campagna per recuperare una scatola. La cimice intanto continua a registrare: "Tutto a pezzi". "A pezzi?". Non si capisce a cosa i due si riferiscano. E ancora, la ragazzina chiede: "Lo uccidiamo quell'altro?". Risposta: "Non mi devo sporcare le mani con quello".

Tentativo di incontro - I genitori di Riccardo Carta hanno chiesto di poter incontrare la madre di Manuel, Fabiola Balardi, che lo farà a una condizione: prima dovranno farsi dire dal figlio dove si trova il corpo di Manuel. Per la mamma, infatti, al dolore straziante della morte del giovane si aggiunge quello di non sapere dove si trova il corpo. Le ricerche dei carabinieri continuano a dare esito negativo: la minorenne esclude che sia nel lago, il suo coetaneo invece avrebbe fornito una mappa col punto esatto dove si troverebbe Manuel.

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