Non sarebbe morto per le ferite riportate Andrea La Rosa, l'ex calciatore di serie C e direttore sportivo dell'Ac Brugherio, ucciso a Milano tra il 14 e il 15 novembre scorso.

Il 35enne sarebbe stato rinchiuso, da vivo, nel bidone pieno di acido. È qui è "morto per l'azione combinata dell'inalazione dei fumi dell'acido e del confinamento all'interno del bidone dove era stato infilato il corpo per essere sciolto", si legge nella nota dei carabinieri che riportano i risultati della perizia.

Per l'omicidio sono stati arrestati Raffaele Rullo e la madre Antonietta Biancaniello, a cui oggi è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini: il movente sarebbe un debito che i due avevano nei confronti di La Rosa di oltre 30mila euro.

Il delitto, secondo l'accusa, "era stato progettato e premeditato da tempo attraverso la ricerca e il reperimento dei materiali per uccidere e far scomparire il cadavere".

Quella sera La Rosa era stato attirato con una scusa nella casa di Biancaniello dal figlio Raffaele: narcotizzato, era stato trascinato in una cantina, in via Cogne, dove lo hanno rinchiuso in un bidone di metallo e cosparso di acido cloridrico. Infine il fusto era stato sigillato con del nastro americano.

Stando a quanto emerge, ci sarebbe anche un terzo indagato per favoreggiamento: il 72enne Sante Cascella, proprietario della rimessa dove è stato custodito, per circa dieci giorni, il fusto con il corpo di La Rosa.

(Unioneonline/D)

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