"Gentile redazione,

ho letto con interesse l’articolo di lunedì 8 aprile sul duplice problema della sanità sarda, ovvero la mancanza di circa 900 specialisti e la difficoltà di accesso alla formazione specialistica per circa 400 medici isolani.

Sono un medico specialista in Oncologia e vorrei raccontarvi la mia esperienza recente con la sanità sarda. Dal 2014 al 2018 ho lavorato per la ASSL di Oristano come Medico Palliativista dedicato alle Cure Domiciliari. Mi sono presa cura di pazienti affetti da tumore nella fase ultima della malattia, occupandomi della terapia del dolore, della nutrizione e di tutto ciò che una fase di vita così delicata richiede.

Il mio lavoro si intrecciava in modo armonico con l’operato degli infermieri dedicati alle cure domiciliari e dei medici di medicina generale. Ho coperto da sola un territorio che comprende 87 comuni e 158mila abitanti, raggiungendo tutti nel più breve tempo possibile (con mezzo proprio) e offrendo loro la possibilità di un contatto telefonico 24 ore su 24. Nei primi 7 mesi del 2018 ho eseguito 416 visite domiciliari, tutte per pazienti per cui il tragitto casa-ospedale rappresentava un ostacolo insormontabile.

Da gennaio 2017, per decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, le cure palliative domiciliari sono entrate a far parte dei LEA (i livelli essenziali di assistenza, art. 23 dPCM 12 gennaio 2017). Sono diventate così uno di quei servizi irrinunciabili che il Sistema Sanitario Nazionale garantisce ai suoi cittadini. A settembre 2018 l'ATS Sardegna con la Regione Sardegna ed il Fondo per la Coesione e lo Sviluppo deliberano e stanziano i fondi necessari per le cure palliative domiciliari e per il medico specialista fino al 2020 (del. ATS 1036 24/09/18). La legge è dalla parte dei cittadini e ne tutela il diritto alla salute e alle cure.

Per i pazienti di Oristano la realtà è purtroppo diversa. A novembre 2018, con lo scadere del mio contratto, per Oristano è stata la fine brusca ed inspiegabile delle cure palliative domiciliari. Ai pazienti è stato negato un servizio essenziale che nel resto dell'Italia è garantito ed in piena espansione. E di certo non viene soppresso dove già in essere. Le direttive nazionali e regionali circa la necessità delle cure palliative domiciliari sono chiare, non mancano i fondi, non mancano i medici e, purtroppo, non mancano i pazienti. Ma il servizio è stato interrotto. Ho chiesto le ragioni di tale decisione a dirigenti di ogni livello, ma sono stata prevalentemente ignorata e quando ho ricevuto delle risposte, sono state inconcludenti. Nessuno sa nulla, nessuno sa perché le cure palliative domiciliari non esistano più, o semplicemente preferisce non rispondere.

Ad oggi i pazienti della provincia di Oristano non hanno un medico specialista su cui contare e nessuno sa perché. Non ci è dato conoscere le ragioni di una penalizzazione tanto crudele. Parliamo di una categoria unica di pazienti, che non fa rumore, che non si riunisce in associazioni, la cui malattia assorbe completamente la famiglia. La storia ci insegna che è più facile negare i diritti ai deboli. Ma davvero sta succedendo questo? Quanto contano i bisogni degli ammalati? Supponiamo che il decreto avesse deliberato a favore di un aumento di stipendio dei dirigenti aziendali, sarebbe forse stato ignorato così come quello sulle cure palliative?

Mi sembra giusto che anche questo lato della medaglia sia conosciuto perché la domanda scaturisce spontanea: sono gli specialisti a mancare o semplicemente non gli viene concesso di lavorare? Questo atteggiamento da parte dell'azienda sanitaria non fa altro che nutrire la sfiducia e il malcontento nei confronti del nostro prezioso sistema sanitario nazionale e favorire un sempre più consolidato sistema sanitario privato".

Dr.ssa Alessandra Maleddu

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