"In Russia sono tuttora accusato di aver dato via l'Europa orientale. La mia risposta a tale accusa è questa: a chi l'ho data via? La Polonia ai polacchi, l'Ungheria agli ungheresi, la Cecoslovacchia ai cechi e agli slovacchi! Rimango fermamente convinto che all'epoca facemmo ciò che era giusto". Parole di Michail Gorbaciov, il padre della perestrojka, l'uomo che pose fine alla Guerra fredda, consentì l'abbattimento del muro di Berlino e la riunificazione della Germania e cambiò la storia dell'Unione sovietica di cui è stato l'ultimo presidente. Compie 90 anni il 2 marzo, porta i segni dell'età, ha il volto appesantito dalla malattia ma non smette di esternare ottimismo, predicare il dialogo globale e rivendicare le virtù delle sue riforme che dissolsero l'impero sovietico e gli valsero nel 1990 il premio Nobel per la pace. Continua a sognare un futuro senza guerre né minacce nucleari. Per molti è un eroe tragico, profeta della glasnost e della perestrojka, osannato in Occidente, in patria considerato da alcuni un traditore per quel processo che portò alla frantumazione dell'impero sovietico e a svendere il blocco socialista all'Occidente. Il colpo di Stato del 1991 con l'avvento di Boris Yeltsin lo spinse a uscire dalla scena politica, ma non dalla storia. "Sono stato politicamente attivo in un'epoca in cui il mio Paese e il mondo intero erano maturi per cambiamenti di proporzioni colossali. Ne abbiamo accolto le sfide. Abbiamo commesso degli sbagli e fatto delle valutazioni errate. Eppure abbiamo dato il via a cambiamenti di dimensioni storiche, cambiamenti pacifici". Gorbaciov esordisce così in un libro pubblicato nell'anno della pandemia: "La posta in gioco. Manifesto per la pace e la libertà", edito da Baldini+Castoldi. Il titolo dice tutto perché rivolto al futuro fa appello alla sicurezza mondiale, non secondo l'abituale declinazione militare. "Oggi il nostro obiettivo principale deve essere la sicurezza umana, e quindi fornire a tutti cibo e acqua, proteggere l'ambiente, dare la precedenza assoluta alla salute delle persone", scrive. Il passo da fare? "All'inizio di aprile ho invitato i leader mondiali a convocare una sessione speciale di emergenza delle Nazioni Unite, da tenersi non appena la situazione si stabilizzerà, e che dovrà essere niente di meno che una revisione generale dell'intera agenda globale. In particolare, il mio invito, che rivolgo a tutti gli Stati, è quello di impegnarsi a ridurre le spese militari almeno del dieci o quindici per cento".

Michail Gorbaciov e Margaret Thatcher (foto Ansa)
Michail Gorbaciov e Margaret Thatcher (foto Ansa)
Michail Gorbaciov e Margaret Thatcher (foto Ansa)

Nel frattempo, col carisma del protagonista, fa memoria di tappe fondamentali, come il Trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) firmato da lui, segretario del Partito comunista e dell'Urss, e dal presidente americano Ronald Reagan: era l'11 ottobre del 1986 e i due potenti del mondo si ritrovarono a Reykyavik, in Islanda, per siglare l'intesa che prevedeva l'eliminazione delle armi nucleari a raggio intermedio in Europa. Un anno prima, a Ginevra, il loro primo incontro in cui maturò un'idea cardine: "Una guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere combattuta". Al tempo, nei primi anni Ottanta, in Europa erano schierati centinaia di missili: da una parte gli Ss-20 sovietici, dall'altra i Pershing americani e quelli da crociera.

"La fine della guerra fredda fu il prodotto di sforzi collettivi", sottolinea ora Gorbaciov richiamando il principio per cui "non si può mai ottenere la sicurezza esclusivamente a spese degli altri". In parallelo l'altro principio, la libertà di scelta, motore del nuovo corso da lui impresso alla storia del suo Paese e di tutto l'Est europeo. "L'Unione Sovietica non impedì alla gente di decidere del proprio destino. In Europa era in atto una rivoluzione senza precedenti, e senza spargimenti di sangue". Precisa: "Questa rivoluzione pacifica e, in generale, la nuova Europa democratica non sarebbero state possibili senza i profondi cambiamenti che ebbero inizio in Unione Sovietica con i principi di glasnost (trasparenza) e perestrojka (ristrutturazione)". Era il tempo della Carta di Parigi per una nuova Europa, firmata nel 1990. Ideali di pace e cooperazione poi persi per strada. Per Gorbaciov restano più che mai irrinunciabili, in ogni epoca. "Sulla questione nucleare - annota - la signora Thatcher sosteneva che fossero proprio le armi nucleari ad aver assicurato la pace nella seconda metà del XX secolo. In caso contrario, a suo dire, sarebbe scoppiata una terza guerra mondiale. "Si sente davvero a suo agio seduta su questo barile di polvere nucleare?", le chiesi". Per evitare guerre e catastrofi l'unica soluzione ragionevole è per Gorbaciov negoziare: vale anche per le armi non nucleari di grande precisione e a lungo raggio, per quelle spaziali e per la cybertecnologia. Il ruolo delle Nazioni Unite - sostiene - è fondamentale per risolvere problemi di sicurezza internazionale anche se, come lui stesso riconosce, non sempre basta. Un esempio: l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq di Saddam Hussein nel 1990. Quando Saddam accettò le risoluzioni dell'Onu era troppo tardi: le truppe americane erano già nel Kuwait. Un altro esempio, in cui però si intervenne senza l'assenso delle Nazioni Unite, è la seconda guerra del Golfo del 2003 con l'offensiva americana in Iraq. A Gorbaciov piace contrapporvi le sue scelte in Afghanistan, dopo l'invasione sovietica del 1979: "Una volta riconosciuto questo nostro sbaglio, decidemmo di ritirare le truppe sovietiche dal Paese". Pace e dialogo, in un mondo libero dalle armi nucleari: Gorbaciov rigenera la sua utopia. Dice: "Negli anni della perestrojka colmare il divario tra la politica e i principi morali divenne il nostro obiettivo. L'idea non era nuova, ma cercammo di metterla in pratica a livello del Partito e dello Stato. Il nostro strumento fondamentale era la glasnost, la trasparenza. Oggi non è solo la nostra nazione ad averne bisogno, ma il mondo intero".
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