Morire vecchi e soli. L’incubo peggiore potrebbe avverarsi fra pochi anni per oltre quasi sei milioni di italiani, 150mila dei quali residenti in Sardegna

Perché se le stime fatte dall’Alleanza delle Cooperative Italiane nel corso di un’audizione al Senato dovessero concretizzarsi, un italiano su dieci entro il 2050 sarà talmente in là con gli anni da non essere autosufficiente.

Ed ecco il paradosso: la popolazione che vive a lungo grazie alla medicina sempre più sofisticata non potrà infatti festeggiare se la vecchiaia estesa si dovesse trasformare in un calvario costellato di acciacchi. Questa tuttavia sembra la strada tracciata e in tanti stanno già correndo ai ripari.

«Già oggi sono 2 milioni gli anziani che si trovano in condizioni di isolamento. Nel 2050, secondo le proiezioni dell’Istat, su una popolazione di 54,4 milioni di persone 1 italiano su 10 non sarà autosufficiente», hanno spiegato al Parlamento i rappresentanti delle federazioni Confcooperative Federsolidarietà, Confcooperative Sanità, Legacoop Sociali e AGCI Impresa Sociale. «È indispensabile farci trovare preparati e potenziare con tempestività le filiere preposte all’assistenza in chiave di integrazione multidisciplinare ed intersettoriale».

I numeri

A far riflettere sono le statistiche in costante deterioramento. Le analisi fatte per lo stanziamento dei fondi Pnrr poco meno di tre anni fa avevano stimato che la quota di anziani non autosufficienti si sarebbe fermata a cinque milioni nel 2030. Ciò significa che il nostro Paese sforna ogni venti anni un milione di cittadini “fragili” in più. Considerando che in contemporanea la popolazione diminuisce per la scarsa natalità, si può facilmente anticipare un epilogo drammatico per l’Italia.

Soluzioni

«La Legge 33/2023 ha avuto un merito fondamentale di tradurre in un atto normativo l'approccio olistico necessario allo sviluppo delle politiche di assistenza per gli anziani ed in particolare per quelli non autosufficienti», dicono ancora da Alleanza cooperative. «Ora è essenziale che i ministeri competenti varino i provvedimenti attuativi con tempestività in un confronto continuativo e costruttivo con tutti gli attori coinvolti, in particolare con le rappresentanze della cooperazione e del Terzo Settore. Da oltre tre decenni in Italia la cooperazione sociale, in particolare nei servizi sociali, sociosanitari e sanitari, gioca un ruolo chiave nel collegare l'amministrazione pubblica con i cittadini, garantendo servizi di welfare ed assistendo quotidianamente nei diversi presidi sul territorio persone fragili e vulnerabili, inclusi gli anziani». 

Tecnologia

Insomma, gli spiragli di speranza esistono. «Tanti gli ambiti in cui la cooperazione sociale può dare un contributo fondamentale come nel caso della prevenzione, della telemedicina, della farmacia dei servizi e soprattutto della gestione delle filiere integrate sociali e sanitarie chiamate alla presa in carico dell’anziano non autosufficiente».

Sul tema dell’accreditamento delle strutture sociosanitarie l’Alleanza chiede che si punti sulla qualità delle prestazioni da erogare. «Tra i correttivi da apportare all’impianto normativo, secondo la cooperazione, c’è quella di trovare forme evolute per sviluppare la continuità tra sociale e sanitario, tra ospedale e territorio, mettendo al centro il progetto personalizzato di vita e di autonomia delle persone. Resta fondamentale inoltre dare risposte alla cronica carenza di personale ampliando le competenze dell’operatore sociosanitario con formazione complementare in assistenza sociosanitaria, così da supportare al meglio le figure professionali preposte all’assistenza. Così come diviene fondamentale incrementare i fondi a disposizione, anche al fine di valorizzare la qualità dei servizi ed il lavoro sociale».

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