Foto, messaggi, insulti e traffici non esattamente legali. I giovani, soprattutto gli adolescenti, spesso cadono nelle trappole del web. Uscire dalle strette maglie digitali, una volta che vengono pubblicate immagini compromettenti o si diventa oggetto del bullismo digitale, è quasi impossibile. E spesso rivolgersi a Polizia e Carabinieri non serve per cancellare macchie che nella rete diventano indelebili. Come evitare che i nostri figli finiscano nei pasticci per i quali potrebbero pentirsi per tutta la vita? Valentina Pischedda, pedagogista ed esperta in cyberbullismo fa parte di un team di esperti altamente specializzati che cerca di arginare il fenomeno attraverso l’Osservatorio cybercrime Sardegna (https://www.osservatoriocybercrimesardegna.it/).

Chi siete?

“L’Osservatorio Cybercrime Sardegna, opera senza scopo di lucro nel campo della ricerca, della formazione e della consulenza in ambito scolastico, familiare e sociale. Diffonde la cultura della legalità e della prevenzione della violenza con particolare riferimento alle prepotenze reali e digitali e alla navigazione online a rischio. Siamo 20 professionisti - assistenti sociali, pedagogisti, psicologi psicoterapeuti, sociologi e avvocati - costituitisi in associazione per la realizzazione di attività e servizi in ambito educativo e scolastico. Il team coordina inoltre la rete di Genitori Digitali, i Comitati Digitali Scolastici e gli Studenti Digitali”.

Esiste anche un Pronto soccorso digitale?

“L’Osservatorio offre una consulenza alle persone che necessitano di tempestivi consigli, avendo subito condotte digitali lesive. Durante il primo incontro, in presenza o in piattaforma digitale, gli esperti dell’Ocs aiutano il segnalante a inquadrare il problema, a conoscere i possibili risvolti penali e civili e a prendere una decisione in merito alla procedura da seguire. I successivi incontri sono suggeriti nei casi di problematiche particolarmente rilevanti”.

Nel vostro “esercito” genitori, ragazzi e prof digitali.

 “I genitori digitali, circa 500, oltre ad avere ricevuto gli strumenti per educare i propri figli a un uso corretto e consapevole della rete, hanno il compito di segnalare all'Osservatorio Cybercrime e alla Polizia Postale eventuali situazioni di rischio rilevate online. I Comitati Digitali Scolastici, attualmente 15 in Sardegna, sono costituiti da docenti, genitori e studenti che informano e formano i giovani sui rischi della rete oltre che segnalare eventuali comportamenti illegali. Infine gli Studenti Digitali, oltre 1000, che hanno frequentato un percorso di formazione e che hanno acquisito gli strumenti e le competenze per usare adeguatamente il web. L'Osservatorio Cybercrime è una rete, reale e virtuale, di oltre 1500 persone che lavora per rendere il web un luogo più sicuro".

L’ultima moda è lo smerding.

“Lo smerding è una particolare forma di cyberbullismo che consiste nel mettere alla gogna una ragazza diffondendo foto e video, talvolta intimi. Le sue foto, insieme all'indirizzo Instagram e al numero di cellulare, sono diffuse principalmente sui canali e gruppi di Telegram in modo che chiunque, anche chi non conosce la ragazza, possa inviarle messaggi per offenderla e denigrarla. Talvolta il fenomeno può interessare anche i ragazzi che sono generalmente attaccati per la loro omosessualità oppure perché non hanno ancora avuto una relazione sentimentale.

In questi casi, cosa possono fare i genitori?

“E’ necessario suggerire ai figli di cambiare il numero di cellulare e il nome dei profili sui social network, Instagram in particolare, in modo da evitare il terribile bombardamento. Contestualmente i genitori possono rivolgersi alla Polizia Postale, consapevoli che non otterranno facilmente giustizia perché i gestori dei principali social network non sempre collaborano con gli organi giudiziari".

Quali consigli date ai genitori?

“Il loro principale problema è infatti il negazionismo. Negano la pericolosità degli smartphone che infatti regalano sempre più precocemente: in Sardegna circa il 50% dei bambini di 9 anni e l'80% di 10 anni lo possiede. Negano i rischi che i propri figli possono correre sui social network. Infatti circa il 25% dei bambini tra i 9 e 10 anni ha un profilo su Tik Tok e il 15% su Telegram, uno dei social network più. Negano la pericolosità dei videogame, vietati ai minori di anni 18. Basta pensare che il 20% dei bimbi di 9 anni e il 33% dei bambini di 10 anni giocano con Call of Duty o GTA 5, videogame PEGI 18. Pertanto il negazionismo ha avuto l'effetto di lasciare i bambini sul web senza protezione al punto che molti sono in una situazione di "abbandono digitale". I genitori devono iniziare a comprendere che i propri figli devono avvicinarsi all'uso delle nuove tecnologie con gradualità e prudenza, sotto attenta supervisione. Sino ai 13 anni le attività online dei giovani devono essere controllate dai genitori intanto che la scuola (in collaborazione con la famiglia) promuove percorsi di educazione digitale".

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